FATTI

Anziani. La Comunità di Sant’Egidio presenta a Roma il rapporto sull’invecchiamento nel 21esimo secolo.

Ha suscitato molto interesse, testimoniato da una sala piena di persone di tutte le età, la presentazione del rapporto sull’invecchiamento “Un Traguardo e una Sfida”, pubblicato da HelpAge International e dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA). Il convegno è stato organizzato e ospitato dalla Comunità di Sant’Egidio, che, come ha ricordato il dott. Giuseppe Liotta introducendo i lavori, proprio 40 anni fa cominciava a raccogliere la domanda di dignità e di inclusione che proveniva dagli anziani più poveri di Roma e che oggi l’ascolta e la sostiene con grande impegno e partecipazione sull’orizzonte largo del mondo, in quattro continenti. Un impegno che si è diversificato a seconda delle situazioni e dei paesi, ma in cui rimane costante l’attenzione a questa fascia della popolazione sempre più in crescita, che non vuole essere emarginata, ma desidera contare e far sentire la propria voce. Come evidenzia il Rapporto, ricco di dati e di analisi elaborate grazie ad una ricerca capillare sugli anziani di ogni parte del mondo,  l’invecchiamento della popolazione è fra i fattori demografici più determinanti nel trasformare le economie e le società del nostro pianeta, ma la sfida, proposta dal Rapporto e raccolta da questo convegno, passa anche attraverso una migliore comprensione del problema, che è necessario cogliere nelle diverse sfaccettature a livello mondiale. In questo senso è stato particolarmente interessante la relazione di Jomo Kwame  Sundaram, Assistente Direttore Generale del Dipartimento per lo Sviluppo Economico e Sociale, della FAO, che ha evidenziato come l’invecchiamento sia una realtà globale che investe anche i paesi in via di sviluppo, dove aumentano gli anziani che vivono nelle zone rurali, in condizioni prive di garanzie sociali e di assistenza sanitaria ed economica (la pensione è un privilegio di cui nel mondo beneficia solo un anziano su cinque) e dove sono particolarmente discriminate le donne. Sundaram ha sottolineato come sia necessario evidenziare come questi anziani sono portatori di risorse incontestabili, sia per l’esperienza accumulata nell’agricoltura e per il lavoro che continuano a fare, sia per la rete di rapporti interpersonali ed intergenerazionali che costituisce un prezioso tessuto di convivenza. Tale presa di coscienza deve però spingere i governi a introdurre i necessari meccanismi di protezione sociale rivolti proprio alla terza età.


E’ seguito l’intervento della dr.ssa Silvia Stefanoni, vicedirettore di HelpAge, che ha presentato il Rapporto e sottolineato come il futuro sia già adesso, in quanto già dal 2000 ci sono nel mondo più anziani che bambini al di sotto dei 5 anni, ma che nel 2050 anche i minori di 15 anni saranno meno degli anziani. Se c’è quindi urgenza di intervenire in questo processo, anche la Stefanoni ha sottolineato il cosiddetto “dividendo della longevità”  dato dal fatto che gli anziani sono soggetti attivi in tutte le società e contribuiscono efficacemente nel mondo del lavoro, della cura ai bambini e del sostegno alla famiglia. Particolarmente grave la piaga dell’abuso fisico e psicologico: in Tanzania più di 3000 donne anziane sono state uccise in 5 anni perché accusate di stregoneria, e comunque il 47% degli intervistati ha dichiarato di temere di subire violenze fisiche. Infine tra le priorità d’intervento la Stefanoni ha sottolineato come sia necessario giungere presto all’approvazione da parte dell’ONU di una Convenzione Internazionale dei Diritti degli Anziani.

“E’ bello essere anziani !” sono le parole pronunciate dal papa Benedetto XVI in visita agli anziani e fatte proprie nell’intervento di Giovanna La Vecchia, di 74 anni, che ha portato al convegno la voce degli anziani e ha testimoniato come sia possibile invecchiare bene vivendo l’età avanzata in modo utile per gli altri “perché pensare solo a se stessi avvilisce, intristisce e fa invecchiare male”. Giovanna va regolarmente a trovare altri anziani in una casa di riposo che ha visto trasformarsi  e tornare a vivere grazie all’amicizia e all’incontro, arricchito anche dalle visite di giovanissimi con i quali gli anziani ritrovano il gusto di raccontare della propria esperienza e che i giovani apprezzano come ha testimoniato in un tema un adolescente di una scuola di Roma: “ho ascoltato un anziano raccontare quanto ha sofferto durante la guerra e ho imparato a non disprezzare come viviamo oggi”.


Daniela Pompei, Consigliere del Ministro per la Cooperazione Internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi, nel suo intervento (delegato alla dott.ssa Chiara Mancinelli), ha ribadito il valore del Rapporto come uno strumento necessario per affrontare la sfida dell’invecchiamento nella nostra società e ha voluto approfondire la parte finale e propositiva, sottolineando in particolare la decima priorità: “Sviluppare una nuova cultura dell’invecchiamento e un cambiamento di mentalità e atteggiamenti sociali nei riguardi delle persone anziane”. E’ stato proprio questo uno dei punti su cui ha insistito particolarmente il Ministro Riccardi durante quest’anno che è passato, dedicato dall’unione europea proprio all’invecchiamento attivo e alla solidarietà fra le generazioni. La sfida è superare “il gap fra quello che gli anziani sono e rappresentano nelle nostre società e la percezione, o meglio, la rappresentazione che ne viene data”.  Bisogna quindi “attrezzarsi anche in termine di visione culturale” troppo deficitaria per abbandonare una visione stereotipata e riduttiva del fenomeno e rischia di prevalere un’idea negativa della vecchiaia, sostenuta spesso dai media, che identificano gli anziani come un “peso”, per le pensioni, per l’assistenza, per l’intasamento dei pronto soccorsi. Anche nella realtà italiana, troppo spesso si contesta alla generazione più anziana di aver avuto troppo e si acuisce il conflitto generazionale, ma la mentalità comune è purtroppo il riflesso di un pensiero diffuso anche in ambienti autorevoli, come si può leggere nel rapporto del Fondo monetario in cui si parla di “rischio longevità” che poi è stato tradotto dalle agenzie giornalistiche in “La longevità mette a rischio il welfare”. Certe affermazioni, se ridotte ad un’analisi semplicistica, possono avere una ricaduta preoccupante sulla coesione sociale, mentre dovremmo sottolineare come l’allungamento della vita sia una conquista, anzi un “trionfo” (come ha sottolineato l’OMS). Gli anziani sono deboli, ma strategici, anzi occorre ripartire dal paradosso per il quale “la stessa fragilità può essere una ricchezza da cui partire per pensare il nostro futuro”, perché la nostra società non può fare a meno della sua componente più vecchia. Usando la metafora di Bauman, il “ponte” della nostra costruzione sociale non può permettersi il lusso di abbandonare i piloni più deboli, ma occorre riscoprire il fatto che gli anziani sono dei “veri produttori di valori”. A questo riguardo è stato sottolineato il contributo dato dagli anziani al mondo della solidarietà: secondo l’ISTAT quasi il 13% degli anziani fra 60 e 64 anni, e il 10 fra i 65 e i 75. Ma c’è anche un interessante 3,7 fra gli ultra 75enni che dichiara di fare volontariato in una qualche associazione. Ma gli anziani sono anche una ricchezza per i giovani, culturale, ma anche lavorativa, perché occorre ricordare che in Italia, la cura e l’assistenza agli anziani impegna quasi il 15% della forza lavoro italiana. Su questo tema pochi giorni fa, sulle pagine del Corriere della Sera, Della Zuanna sottolineava la positività in Italia del fenomeno delle cosiddette “badanti” che permettono agli anziani di vivere in modo positivo e bene nella loro casa, in modo sostenibile e soprattutto etico soprattutto se lo confrontiamo con l’altro fenomeno, tutt’altro che positivo e ripreso da molti giornali, della sempre più frequente delocalizzazione in istituti lontani dal proprio paese, anche in altri stati, che sta interessando molti anziani tedeschi

Marco Peroni
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