FATTI

Kinshasa, tra squilibri e speranze di futuro

Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo. Racconta la leggenda che Dio, quando creò il mondo, abbia girato per i vari paesi distribuendo equamente le ricchezze che teneva nel suo paniere, ma che improvvisamente sia inciampato sul Congo dove se ne sono riversate in abbondanza. Diamanti, oro, coltan, rame, la ricchezza del sottosuolo di questo paese è stata però causa anche della sua maledizione: guerre, sfruttamento internazionale e squilibri sociali. 
Kinshasa nel 2010 ha superato i 10 milioni di abitanti, divenendo la terza area metropolitana dell’Africa e candidandosi a divenire in pochi anni, si dice nel 2020, la più grande città francofona del mondo, con buona pace dei francesi che perderebbero il primato detenuto dalla loro capitale. 
Il fiume Congo: a sinistra Brazzaville, a destra Kinshasa
Città delle larghe misure, come quella del grande fiume, il Congo, sulla cui riva sinistra la città si stende e che la divide da Brazzaville, capitale dell’altro Congo, esattamente di fronte, sulla riva destra. Entrambe le capitali ci si specchiano, ma con dimensioni e ricchezza inversamente ripartite. In questo tratto il fiume è largo fino a 3 chilometri e poco prima di lambire le due capitali si è allargato a destra e a sinistra per poi ricongiungersi, creando un enorme bacino di 25 chilometri di diametro, la palude Malebo, in precedenza nota come palude di Stanley. Poco più a valle invece il fiume cessa di essere navigabile e iniziano le rapide che diventeranno le cascate Livingstone. Un servizio di battelli passeggeri e commerciale univa le due capitali, poi la frizione fra i due paesi con l’espulsione da Brazzaville dei congolesi immigrati da Kinshasa ha portato all’interruzione dei collegamenti, ripristinati solo da qualche giorno dopo che i due  presidenti,  Denis Sassou Nguesso e Joseph Kabila si sono incontrati e messo fine alla diatriba. 
Alloggio dalle suore poverelle di Bergamo che hanno costruito una missione con ospedale, maternità e scuola, in quella che un tempo era una zona quasi disabitata fuori della città e che ora è diventata una periferia densamente popolata cresciuta intorno al Boulevard Lumumba che porta fin all’aeroporto internazionale.
Le 6 suore uccise da Ebola nel 1995
Nella missione delle suore è ancora vivo il ricordo delle 6 loro consorelle stroncate nel 1995, a pochi giorni di distanza l’una dall’altra, dall’allora semisconosciuto virus Ebola, dal nome di un affluente del fiume Congo. In questi giorni una nuova epidemia di Ebola, la settima di questo virus nel paese, ma di ceppo diverso da quello che ha colpito la Sierra Leone e la Guinea, registra una quarantina di morti e una settantina di casi sospetti nella regione nord occidentale dell’equatore, a circa 800 chilometri a nord-est della capitale. Le autorità sanitarie locali parlano di un fenomeno in via di ridimensionamento, ma l’OMS presente nel paese ha fatto dichiarazioni meno ottimiste e più prudenti a causa anche delle difficoltà nel monitorare un’area difficilmente accessibile. 
In questa missione si trova un po’ di Italia, non solo per la presenza delle suore bergamasche insieme alle autoctone, ma anche per quella di vari italiani che vengono durante l’anno per aiutare gratuitamente le missioni o per progetti nel campo sociale e sanitario. E’ quell’Italia che lavora spesso lontano dai riflettori e che dovremmo sostenere di più e di cui essere più orgogliosi, come il gruppo di bergamaschi che ha appena finito di costruire un acquedotto per servire alcuni villaggi dell’interno o la giovane ostetrica torinese che sta insegnando le tecniche di monitoraggio durante il parto o lo studente universitario di economia di Milano che è venuto consigliato dal parroco. E infine un piccolo gruppo di cui faccio parte, della Comunità di Sant’Egidio,  che qui a Kinshasa ha realizzato un centro di eccellenza per la cura e prevenzione dall’infezione dal virus HIV nell’ambito del programma DREAM per la cura dell’AIDS, presente in Africa in 10 paesi. 
Una porta del centro DREAM dell Comunità di Sant’Egidio
Il centro, dotato di un moderno e completo laboratorio di analisi, vanta una caratteristica da queste parti davvero inusuale, la gratuità delle cure, come ribadito su ogni porta del centro da un cartello adesivo: “Ici tout est gratuit”. La cosiddetta prevalenza del virus HIV sulla popolazione si calcola intorno al 3 % che vuol dire solo qui in città un esercito di oltre 300.000 sieropositivi: diffondere la terapia è l’unico modo per arginare il contagio oltre che per evitare una strage.
Personalmente sono venuto per l’aggiornamento del software che gestisce la cartella clinica elettronica utilizzata per le cure e per installare una postazione di telemedicina per permettere diversi tipi di consulti specialistici a distanza, quali ad esempio quello cardiologico o dermatologico, al quale rispondono in Italia diversi specialisti che prestano gratuitamente il loro tempo per questo servizio. Una sorta di “adozione a distanza” specialistica che permette non solo di validare i dati clinici, ma anche costituisce un valido sistema di formazione a distanza.
La torre dell’architetto Cacoub
Il boulevard Lumumba, provenendo dall’aeroporto, prima di attraversare tutta la città, cambia nome all’altezza di un grande snodo autostradale, l’”echangeur”, al centro del quale sorge il monumento a Patrice Lumumba eroe dell’indipendenza. Quando nel maggio 1997 i soldati di Laurent-Désiré Kabila, padre dell’attuale presidente, entrarono a Kinshasa per proclamare la fine dell’era Mobutu, il paese tornò a chiamarsi Repubblica Democratica del Congo come l’aveva battezzata proprio Lumumba. E lo stesso Mobutu, che pure lo aveva fatto arrestare e consegnato ai ribelli katanghesi che poi lo avrebbero ucciso, non poté sottrarsi, 5 anni più tardi nell’anniversario dell’indipendenza, dal proclamare Lumumba “eroe nazionale”. Pochi anni dopo affidò la costruzione di un monumento celebrativo, dedicato al riscoperto eroe, all’architetto franco-tunisino Olivier

Cacoub, noto come “architetto del sole”, ma anche, meno nobilmente, “architetto dei dittatori”.  Nel progetto originale doveva essere quasi una moderna torre Eiffel, alta 210 metri con piattaforme di osservazione e ristorante sulla sommità. I lavori sono rimasti fermi per anni e solo recentemente la torre è stata sistemata nelle strutture alla base, ma resta ancora in parte incompiuta. Nel 2002 davanti al complesso monumentale è stata infine collocata la statua di Lumumba, ritratto con il braccio destro alzato in segno di saluto.

Patrice Lumumba
Sono due sabati che questo tratto di strada viene bloccato di mattina per manifestazioni dell’opposizione. “Kabila se ne deve andare” e “Giù le mani dalla costituzione” gli slogan sugli striscioni per denunciare il tentativo da parte del presidente di modificare la costituzione per permettere di concorrere nuovamente alle elezioni presidenziali nel 2016, per il terzo mandato consecutivo. Nel corteo presenti i principali partiti di opposizione rappresentati in Parlamento e i loro rappresentanti: Vital Kamerhe, ex presidente dell’Assemblea Nazionale e attuale presidente dell’Unione per la Nazione Congolese (UNC) e Bruno Mavungu, Segretario generale dell’Unione per la Democrazia e il Progresso Sociale (UDPS), insieme a rappresentanti di una dozzina di partiti minori. La folla ha inneggiato a Etienne Tshisekedi, capo della UDPS, arrivato secondo nelle elezioni presidenziali del 2011, il cui risultato non è stato mai accettato dall’opposizione e per le quali anche la comunità internazionale ha condannato numerose irregolarità.
Anche l’autista che ci sta portando si infervora, anche lui è per il cambiamento, ripete “Kabila se ne deve andare !”. Ma sono in molti a temere che l’opposizione non sia in grado di offrire un presidente con un consenso forte, capace di tenere insieme le diverse anime della nazione. La sera però la nazionale congolese ha vinto sulla Tunisia 2 a 1, trovando tutti unanimi nei festeggiamenti di cui si è avuto eco per tutta la notte.
Nella città c’è una grande vitalità, la si percepisce anche dai suoni che non trovano pace neanche la notte e, immediatamente, percorrendo il grande boulevard che attraversa la città animato da una folla sempre in movimento. Mentre le macchine e i minibus dai colori nazionali giallo e azzurro si superano veloci indifferentemente a destra o a sinistra, la folla a piedi cammina ai lati della strada, cerca di prendere i minibus stipati fino all’inverosimile. Non ci sono ponti pedonali, abbattuti perché troppo bassi e non ancora sostituiti, così che, a parte qualche raro attraversamento con semaforo, la gente  prova continuamente ad attraversare la strada slanciandosi e ritraendosi o restando in equilibrio sullo spartitraffico per poi correre improvvisamente cercando di schivare le ruote che non accennano mai a frenare, anzi spesso, per evitare di doverlo fare, puntano decisamente verso i pedoni incerti, per intimorirli.
Lontano dal centro nessuna strada che si dirama dal boulevard verso l’interno del quartiere è asfaltata. Terra forse un tempo battuta, ma poiché particolarmente sabbiosa data la vicinanza con il fiume, si riempie facilmente di profondi solchi, rendendo le strade impraticabili e polverose. Ci si può immaginare quello che diventeranno nella stagione delle piogge che si avvicina, mentre già ora sono percorribili solo con i fuoristrada. Raramente si incontrano costruzioni che superano il piano terra e in molte zone le case sono talmente addossate le une alle altre che gli unici veicoli che possono percorrerle sono le moto. La corrente elettrica manca spesso, lasciando interi quartieri al buio, e la sera nelle strade interne vedi agitarsi ombre intorno a piccoli fuochi o piccole lampadine.
Sulle strade si affacciano, con i colori più diversi, i mille negozi e botteghe e cappelle delle centinaia di diverse chiese e sette, molte di origine cristiana e altre in cui si mischiano superstizioni e stregoneria. Il richiamo al divino non è indicato solo sui luoghi di culto, ma risalta nel nome di molti negozi, così che si incontra la farmacia “Amour de proxime” o quella “God Blessing” o , un po’ più furbescamente, “Prodiges”. Oppure i negozi “La grace” , “Dieu merci” o “done de Dieu”.  E’ un fermento religioso che si percepisce soprattutto la sera e di notte quando l’aria si riempie dei suoni di tamburi e dei canti  che provengono dai diversi luoghi di culto oltre che dai luoghi di festa.
A parte la zona del centro, dove risiedono le ambasciate, ministeri e attività commerciali, la maggior parte della popolazione vive nella grande periferia, in questa megalopoli dove gli squilibri sono evidenti. Senza parlare dei grandi ricchi, i dipendenti pubblici meglio pagati sono la ristretta élite dei medici universitari che può guadagnare anche fino a 3000 dollari al mese, ma la gran parte della popolazione è costretta a vivere con molto meno di un dollaro al giorno e troppi vivono con niente. 
Gli ultimi 4 anni hanno visto diventare positivo l’indice di crescita con un’impennata del PIL e se non ci saranno ricadute di instabilità e conflitto nella difficile situazione nell’est del paese, o per le prossime elezioni del 2016, questa crescita potrebbe portare beneficio ad una fascia più larga della popolazione che resta ancora qui in città per il 70% afflitta dalla povertà. 
In cambio di preziose concessioni minerarie i cinesi stanno realizzando infrastrutture e ristrutturazioni, come si nota dalle 8 corsie del boulevard Lumumba asfaltate da poco e divise in due da uno spartitraffico in cemento dove brillano ad intervalli regolari piccoli segnalatori a led blu alimentati ad energia solare e i semafori nuovi che indicano sul display il “count down” fino al cambio di colore. Uno striscione in cinese dell’impresa di ristrutturazione pende dallo “Stadio dei Martiri” e poco lontano, ad uno degli incroci principali dove prima c’era un poliziotto a governare il traffico ora risplende un robot in alluminio che  muove le braccia e gira, per dare lo stop o il via libera agli automezzi. Ma è futuro meno fantascientifico e più concreto quello che sognano i congolesi, quello per cui vanno a scuola orde di giovanissimi in divisa e che vorrebbero sognare i 40.000 bambini di strada che vivono in questa città a cui ogni sogno sembra precluso.  Futuro fatto di lavoro, istruzione, salute e soprattutto di pace, in questo paese che ha visto sulla sua terra quella che è stata definita la “guerra mondiale africana” per il numero di paesi coinvolti. Futuro cui sono debitori i tanti paesi del mondo che hanno beneficiato e  beneficiano delle ricchezze naturali di queste paese e troppo ne sono dimentichi.

Marco Peroni

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