FATTI

Resistere al male: la Rosa bianca dei fratelli Scholl

Nel suo bel libro Danubio, Claudio Magris ha dedicato parole di grande ammirazione ai protagonisti della breve storia de Die Weiße Rose, ovvero il gruppo de La Rosa Bianca che nella Germania di Hitler si oppose “a mani nude contro il Terzo Reich”:

«La loro storia è l’esempio della resistenza assoluta che Ethos oppone a Kratos; hanno saputo ribellarsi a quella che a quasi tutti sembrava un’ovvia e inevitabile accettazione dell’infamia.[…] sapevano che la vita non è il supremo valore e che diventa amabile e godibile quando è posta al servizio di qualcosa che è più di essa».

Già lo scorso anno – in questo blog ed in questa data, anniversario dell’esecuzione della condanna a morte dei primi tre arrestati – è stato ricordato il grande valore di quella testimonianza. Ed ogni tanto, un tassello di quella storia viene collocato nel mosaico – non troppo conosciuto – della resistenza cristiana.
La biografia di Hans Scholl
L’ultimo dei volantini della Rosa Bianca, 1943

Il primo è la Biographie – da poco uscita in una nuova edizione in tedesco – dedicata particolarmente alla figura di Hans Sholl e scritta dalla giovane storica Barbara Ellermeier. Non ancora tradotto in italiano, il volume utilizza per la prima volta la documentazione – lettere di Hans Scholl ad amici e familiari – messa a disposizione solo di recente; ne ha dato notizia Enrico Paventi dalle colonne de Il Garantista la scorsa settimana.
Nel frattempo, Paolo Ghezzi – giornalista “sedotto” dalla poetica di Fabrizio de Andrè – ha pubblicato nel 2014 un altro capitolo della sua appassionata testimonianza sui resistenti di Monaco: si tratta del volume La Rosa Bianca non vi darà pace. Abbeccedario della giovane resistenza, particolarmente adatto a chi si affaccia oggi alla storia di quel tempo.
I resistenti, di cui Hans sarà per molti versi il leader, erano poco più che ventenni: assieme ad Hans, la sorella Sophie, Alex Schmorell, Willi Graf e Christoph Probst, cui si aggiunse il più anziano professore Kurt Huber. I sei, va sottolineato, appartenevano a diverse confessioni cristiane: protestante, cattolica ma anche ortodossa: Schmorell, infatti era di origine russa, e la sua chiesa lo venera già come santo dal 2012. Scrive Paolo Ghezzi:

L’icona di sant’Alexander Schmorrel

«Nella divina liturgia di beatificazione, svoltasi […] nella cattedrale
ortodossa di Monaco, vicino al cimitero della Perlacher Forst accanto
al carcere luogo del martirio, dove Schmorell è sepolto non lontano dai fratelli
Scholl, il celebrante ha suggestivamente avanzato una nuova ipotesi –
dopo le tante e non decisive di questi anni – sull’origine della scelta del nome
“Rosa bianca”: un passo dai Fratelli Karamazov di Dostoevskij in cui
quel fiore adorna la bara di una ragazza, segno di un destino di resurrezione
».

Una vicenda, questa dei giovani di Monaco, che mostra molteplici chiavi di lettura e rammenta la strada della resistenza evangelica – ed ecumenica – al male, ora come allora.

Paolo Sassi

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