FATTI

Un Sinodo “inedito”

Quando l’anno scorso arrivò – per la prima volta – il messaggio di saluto di papa Francesco al Sinodo valdese 2014, forse nessuno avrebbe immaginato che nel corso di così poco tempo le relazioni tra la chiesa di Roma e il piccolo popolo italiano della Riforma avrebbero preso  una accelerazione così rapida. 
Qualcuno, a Torre Pellice, si rammaricò per la presenza – nel messaggio – del tradizionale riferimento mariano finale; molti mostrarono invece di gradire, ma la sola ipotesi che il papa avrebbe reso visita ai  valdesi – come poi è accaduto lo scorso mese di giugno – era proprio nel mazzo dell’improbabile e dell’azzardo.
Invece, è andata proprio così: Francesco ha fatto visita a Valdo, per metterla in metafora.
Bergoglio  ha chiesto perdono per le persecuzioni cattoliche e ha aperto – col contributo del popolo valdese e dei suoi responsabili, che hanno accolto l’invito e la sfida – la strada ad una inedita stagione di fraternità cristiana.
Dunque, quello che (anche per ragioni legate al suo svolgimento di fine agosto) passava per essere un evento tradizionale e tutti sommato “minore” della vita nazionale sembra invece attirare oggi più attenzioni e speranze del solito.

Papa Francesco e il moderatore Eugenio Bernardini

Il papa ha rinnovato l’augurio per l’inizio dei lavori sinodali, il capo dello stato ha ricordato l’importanza della libertà religiosa e il Sinodo stesso si è messo al lavoro (anche) per rispondere – collegialmente – al messaggio ricevuto a Torino due mesi fa.
Ieri l’apertura, il culto presieduto dalla pastora Erika Tomassone, con una bella riflessione sulla vicenda del profeta Giona e sullo “spaesamento” dei cristiani e degli uomini e donne del nostro tempo difficile; questa sera, un importante incontro pubblico dal titolo “L’Europa comincia a Lampedusa“, con Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI); Mario Marazziti, presidente della Commissione Diritti umani della Camera e membro storico della Comunità di Sant’Egidio; Yvan Sagnet, sindacalista; Marta Bernardini, operatrice di Mediterranean Hope della FCEI presso l’Osservatorio di Lampedusa.

“Citando Lampedusa – ha osservato il moderatore Bernardini – vogliamo ricordare i diritti umani di chi scappa da guerre e violenze; vogliamo denunciare i ritardi e gli egoismi delle politiche europee in materia di accoglienza; vogliamo ricordare le migliaia di vittime cadute nel Mediterraneo perché non avevano alternativa al ricatto degli scafisti e alla crudeltà di viaggi privi di ogni sicurezza. Ma vogliamo anche riconoscere e condividere l’impegno di quanti ogni giorno aprono case e chiese per accogliere e integrare, per nutrire e per curare i migranti in arrivo sulle nostre coste”

Il teologo Paolo Ricca

Le chiese valdesi e metodiste – si celebra quest’anno il quarantesimo anniversario del loro patto di integrazione – si presentano così al loro tradizionale eppure ora inedito appuntamento annuale: con una forte identità di impegno sociale – sulla frontiera più calda di questo momento storico, quella dei rifugiati e dell’immigrazione dai sud del mondo – e con la sfida aperta dall’incontro col papa di Roma, sulla soglia di una rifondata prospettiva ecumenica. C’è qualche perplessità, certo, in casa valdese, sull’abbraccio di papa Francesco e sugli esiti che esso potrà avere. Forse ce ne sarà traccia nei lavori.
Per certi versi, si tratta di rivedere con occhiali nuovi non solo il passato ma soprattutto il futuro della presenza evangelica in Italia, nella certezza che quanto accade qui da noi può avere grande riflesso sulle relazioni intercristiane nel mondo intero. Ha dichiarato in proposito Paolo Ricca:

«Dobbiamo ricordare la storia: il papato è stato l’istituzione che più di ogni altra ha cercato di sterminare i valdesi. Questo ovviamente appartiene al passato, ma è comprensibile che lasci tracce nell’animo di molti. Anzi stupisce che non tutti abbiano questo atteggiamento, che siano una minoranza […] Mai i valdesi prima avevano applaudito un pontefice […] Io direi così: noi non possiamo perdonare per i nostri antenati. Però l’animo di Francesco è una cosa bellissima, perché vuol dire dissociarsi da quel passato […] Dobbiamo riflettere: siamo d’accordo a cominciare una storia nuova col Papa? È una sfida grossa, vediamo se il Sinodo la raccoglierà. Io spero di sì».

Paolo Sassi

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