FATTI

Inside Out, ovvero dramma e poesia della memoria

Che il cinema d’animazione fosse da tempo – forse dall’inizio? – rivolto anche al pubblico degli adulti è un fatto piuttosto noto, sul quale non occorre spendere molte parole. Qui però mi sembra siamo di fronte ad un piccolo grande capolavoro che – col pretesto del cartoon e dell’affabulazione fantastica – parla davvero a molte generazioni.
Inside Out, infatti, da poco in visione nelle sale italiane, rischia seriamente di diventare uno dei maggiori successi della Pixar ed un caso importante nella storia del cinema.
La storia, un’idea geniale di Pete Docter, già autore di Up, è davvero intrigante: si racconta di una bambina – Riley – e delle sue emozioni, che diventano presto ricordi. Dietro una consolle complicata, si alternano e si fronteggiano cinque sentimenti fondamentali: Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto e Paura. Ogni ricordo viene racchiuso in una sfera dal colore associato all’emozione dominante e poi trasferito nella “memoria a lungo termine”. Ci sono i “ricordi base”, le “isole della personalità”, le “emozioni”…
In una sorta di gigantesco mondo della mente, si “fabbricano” sogni e si accumulano memoria e oblio, immaginazione e pensiero astratto, fino alle oscurità del subconscio. Difficile immaginare una sintesi così scientifica – una sorta di Mind for dummies – eppure divulgativa dei complessi meccanismi della mente umana e del ricordo: la storia è raccontata attraverso lo “sradicamento” di Riley, una ragazzina che dal Minnesota si trasferisce con la famiglia a San Francisco, ma la narrazione è tutta interiore, nell’alternanza delle emozioni e nella loro deflagrante competizione.

Joy e Sadness, Gioia e Tristezza

Impossibile sfuggire all’evocazione di ricordi – personalissimi eppure comuni a tutti – che la storia riesce a suscitare negli spettatori, grandi e piccoli, che in sala assistono (paradossalmente) ognuno ad un diverso spettacolo. E siccome i ricordi sono più evocativi per chi ha vissuto più a lungo, è inevitabile che la suggestione avvolga più gli adulti che i piccoli, pure affascinati dalla storia e dalla magia delle immagini. Un po’ come nel racconto Mnemagoghi, nel quale Primo Levi immaginava un vecchio medico alle soglie della pensione capace di “sintetizzare” gli odori della sua vita e di raccoglierli in boccette, da usare al bisogno per il loro potere evocativo.
La storia raccontata in Inside Out rende assai percepibile che cosa sarebbe ciascuno di noi senza la connessione tra memoria e storia, tra sentimenti e personalità, ma anche tra gioia e tristezza: è davvero una grande composizione poetica sulla mente umana e sul potere evocativo dei ricordi che merita di essere apprezzata molto più che come un bellissimo film d’animazione, quale pure esso, senza dubbio, è.

Paolo Sassi

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