FATTI

Un’opera (d’arte) di misericordia.

Lo storico dell’Arte Tommaso Montanari sostiene che l’opera d’arte che meglio esprime il “volto della misericordia” così come pensato da Papa Francesco, al momento di indire il Giubileo, è “Il ritorno del figliol prodigo” di Rembrandt, quadro dipinto dall’artista olandese intorno al 1668 e attualmente conservato al museo dell’Ermitage di San Pietroburgo.
In effetti osservando nel dettaglio questa bellissima opera si possono individuare vari elementi che sembrerebbero confermare questa tesi.
Innanzitutto il colore rosso vivo che fa da sfondo a tutta la scena, che quasi diventa un fuoco nel mantello del Padre Misericordioso e che sembra avvolgere il figliol prodigo, rappresentato come un giovane, povero e disperato, vestito di stracci logori. Il rosso è tradizionalmente il colore della passione, la passione di Gersù per gli uomini, soprattutto per quelli più poveri, più soli e più lontani. Quella passione che raggiunge la sua massima intensità nel momento dell’accoglienza, del perdono e della riconciliazione: “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt. 9,12). Quindi la misericordia che nasce da una grande passione per tutti gli uomini .
Il secondo elemento che colpisce sono gli occhi del Padre Misericordioso; occhi stanchi, chiusi, quasi da cieco. Occhi che si sono consumati nel guardare lontano, verso gli orizzonti più dimenticati, alla ricerca quasi disperata del figlio che si era perduto. Quello del Padre Misericordioso è uno sguardo pieno di amore, uno sguardo che non si risparmia perchè dettato dall’apprensione per il figlio che si è perduto ma per il quale non ha perduto la speranza di un suo anche minimo ravvedimento.
Il terzo elemento è l’abbraccio. Il Padre Misericordioso quando vede il figlio tornare gli corre incontro e lo abbraccia. Non lo rimprovera, non lo giudica, nè lo condanna, ma lo abbraccia e lo riaccoglie di nuovo nella sua casa. Alla fine il vero protagonista dell’opera non è nè il figlio perduto, nè il Padre Misericordioso ma è “l’abbraccio”. Papa Francesco già in altre occasioni ha fatto riferimento a questo tema del protagonismo dell’abbraccio tra chi serve e chi è servito.
Il quarto elemento sono le mani del Padre Misericordioso: Due grandi mani aperte che attraggono verso sè il figlio prima perduto ed ora ritrovato. Due grandi mani l’una però diversa dall’altra: una sembra maschile e l’altra femminile. Come a voler significare il senso della paternità e della maternità di quell’abbraccio. La misericordia per essere piena deve nutrirsi di un senso di paternità e di maternità in una grande e sintonica unità.
L’ultimo elemento è lo sguardo contrariato ed estraneo del figlio maggiore, quello che aveva sempre obbedito al padre e non aveva mai abbandonato la sua casa. Il figlio maggiore non sopporta nè comprende la scena che ha davanti agli occhi perchè è incapace di riconoscere come suo fratello il figlio che si era perduto. Quando rivolge la sua protesta al Padre dice “Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso” (Lc. 15,30); dice “tuo figlio” non “mio fratello”. E’ questa incapacità a vivere una fraternità larga ed inclusiva (soprattutto verso i più lontani e per questo più bisognosi) il maggiore ostacolo alla piena realizzazione della misericordia.
Si forse è vero: l’opera di Rembrandt sembra riassumere con grande efficacia la visione di Papa Francesco.

Francesco Casarelli

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