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#Pathsofpeace a Münster e Osnabrück: “Si accendano luci di pace dove ci sono tenebre di odio”

Parole importanti quelle pronunciate ieri nella sessione inaugurale del convegno che precede la celebrazione a Osnabrück, in Germania, domani, della preghiera interreligiosa per la pace sul modello di Assisi 1986.
Parole che ci aiutano a inquadrare e comprendere il nostro tempo, l’accelerazione della storia, l’unificazione del pianeta, le sfide di un mondo complesso. Parole, anche, che intendono aprire alla speranza. Perché nel presente bisogna sempre saper intravedere i semi del futuro, cogliere “i segni dei tempi”, come avrebbe detto Giovanni XXIII. 

Nella grande sala del Centro Congressi di Münster Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che ormai da anni ha preso il testimone di questi incontri per la pace nati dall’intuizione di Giovanni Paolo II, ha dipinto la globalizzazione contemporanea come un “gigante” che ha bisogno di un’“anima”. La crescita di un’economia globalizzata andava infatti sostenuta da un parallelo processo culturale e spirituale. Ma “le religioni non hanno percepito come la globalizzazione sia anche un’avventura dello spirito e della fede”. Si avverte oggi la mancanza di “un grande e profondo movimento di dialogo spirituale e interreligioso che renda amici, benché diversi. Milioni di persone diverse si sono avvicinate, vivono insieme, ma restano estranee. Bisogna aprire strade di pace, aiutare i diversi a vivere insieme”. Le religioni, in effetti, possono essere “benzina”, ma anche “acqua che spegne il fuoco della violenza”. “Donne e uomini di fede possono farlo fin negli angoli più sperduti della terra”, ha concluso Riccardi, “ma devono uscire dagli schemi del passato e credere di più che i tesori delle loro religioni possano fondare la pace. Ciascun credente può essere un operatore di pace. Muhammad Iqbal, grande poeta musulmano del subcontinente indiano, scriveva: ‘Abbi dunque l’ardire di crescere, o uomo di Dio! Non è stretto il regno dei cieli!’. Oggi non è stretto lo spazio per costruire la pace, ma ci vuole più audacia! Per questo ci ritroviamo qui”. 
Poco prima era stato letto il messaggio inviato al meeting da papa Francesco. Bergoglio, che in mattinata, in Colombia, aveva sottolineato il valore della preghiera come motore della storia – “Se vuoi riuscire nella vita prega, perché il protagonista della storia è il mendicante; il protagonista della storia della salvezza è il mendicante che ciascuno di noi ha dentro” – ha invitato tutti “ad aprire e costruire nuove strade di pace. Ce n’è bisogno, specie dove i conflitti sembrano senza via d’uscita, dove non si vogliono intraprendere percorsi di riconciliazione, dove ci si affida alle armi e non al dialogo, lasciando interi popoli immersi nella notte della violenza, senza la speranza di un’alba di pace. Accanto ai responsabili politici e civili, le religioni sono chiamate, con la preghiera e l’impegno concreto, umile e costruttivo, a rispondere a questa sete [di pace], a individuare e aprire, insieme agli uomini e alle donne di buona volontà, strade di pace, senza stancarsi. In quanto leader religiosi, abbiamo, soprattutto in questo momento storico, una responsabilità particolare: essere e vivere come gente di pace, che testimonia e ricorda come Dio detesti la guerra, come la guerra non sia mai santa, come la violenza mai possa essere commessa o giustificata in nome di Dio. Si accendano luci di pace dove ci sono tenebre di odio. Vi sia la ‘volontà di tutti a superare le barriere che dividono, ad accrescere i vincoli della mutua carità, a comprendere gli altri, a perdonare coloro che hanno recato ingiurie; […] si affratellino tutti i popoli della terra e fiorisca in essi e sempre regni la desideratissima pace’ (Giovanni XXIII, Pacem in terris 91)”. 

Nella seconda parte della sessione inaugurale vanno poi segnalati il discorso della cancelliera Angela Merkel, una riflessione articolata per incoraggiare il dialogo e l’impegno per la pace, a partire dal ruolo che può giocare l’Europa; e l’invito ad affrontare il tema ‘immigrazione’ in modo umano, consapevole, lungimirante, aiutando l’Africa nel suo sviluppo più di quanto si sia fatto finora, fermando i trafficanti di uomini, aprendo “nuove vie di accesso legale” verso il nostro continente. E quello dell’imam di Al-Azhar, lo sheikh Ahmad At-Tayib, protagonista dello storico incontro col papa in Egitto lo scorso aprile, che ha rivendicato come l’Islam sia qualcosa di profondamente diverso dalla caricatura blasfema che ne fanno i terroristi, auspicando l’avvento di “un’etica umanitaria globale che comprenda l’Oriente e l’Occidente e guidi il cammino del mondo contemporaneo”. 

Francesco De Palma
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