FATTI

Festa dei nonni: quali sono le condizioni di salute degli anziani in Italia e in Europa ?

In occasione della “festa dei nonni, ci soffermiamo su una recente pubblicazione dal titolo “Anziani: le condizioni di salute in Italia e nell’Unione Europea“, che l’ISTAT ha reso disponibile elaborando le rilevazioni effettuate nel 2015 nell’ambito dell’indagine europea sulla salute (Ehis, European health interview survey). Uno dei dati che fa più notizia è quello relativo alla speranza di vita che conferisce un primato all’Italia, in cui ci si può attendere di vivere, a 65 anni, una media di altri 18,9 anni per gli uomini e di 22,2 per le donne; per entrambi i generi un anno in più rispetto alla media Ue. 
Una seconda buona notizia riguarda le condizioni dei meno anziani (65-74 anni) che risultano vivere in condizioni migliori rispetto ai coetanei in Europa, in riferimento alle principali patologie croniche.
Addolcita la pillola veniamo all’amaro. In ambito europeo l’Italia ha il più elevato indice di
dipendenza (ovvero il rapporto tra la popolazione in età non attiva e quella in età attiva), in altre parole troppi pochi giovani davanti ad una quota di anziani tra le più elevate in Europa. 

Gli italiani sono tra i più longevi in Europa ma con maggiori problemi di salute

Nell’ambito della salute degli anziani, se, come abbiamo riportato, sotto i 75 anni gli italiani vivono meglio, dopo tale età purtroppo non solo perdiamo il primato, ma anzi si scopre che gli ultra 75 enni italiani vivono in condizioni di salute peggiori rispetto ai loro coetanei europei.
L’indagine infatti distingue, per l’aspettativa di vita a 65 anni, gli anni che ci si può aspettare di vivere in buona salute e quelli senza limitazioni. Qualche esempio: se un uomo italiano a 65 anni può aspettarsi di vivere altri 18,9 anni, ovvero più di ogni altro europeo, può sperarne di vivere solo 13,7 in buona salute contro i 16,1 nel Regno Unito ed una media UE del 14. Non va meglio alle donne italiane che se, come abbiamo detto, a 65 anni possono aspettarsi di vivere ancora 22,2 anni, possono aspettarsi solo 14,3 anni in buona salute contro i 19,3 delle coetanee francesi e una media europea di 15,8 anni. 

Se poi andiamo a vedere la speranza di una vita a 65 anni, non solo in buona salute, ma anche senza limitazioni nella vita quotidiana, scivoliamo agli ultimi posti in Europa potendo sperare in soli 7,8 anni per gli uomini e 7,5 per le donne, a fronte rispettivamente di 11,4 e 12,3 anni in Germania e di una media europea di 9,4 anni per entrambi i sessi.
L’indagine analizza quindi nel dettaglio l’incidenza delle diverse patologie croniche e del dolore che le accompagna, con le conseguenti ricadute nello svolgimento delle attività della vita quotidiana e quindi dell’autonomia, che ne viene fortemente compromessa. Se nelle attività quotidiane strumentali domestiche (IADL), come cucinare, fare la spesa o svolgere i lavori domestici leggeri, il 30,3% degli anziani (circa quattro milioni) incontra gravi difficoltà, il dato peggiora dopo i 75 anni riguardando quasi 1 anziano su 2 (47,1%).

Disuguaglianze socio-economiche e territoriali

Una sezione interessante riguarda l’analisi sulla disuguaglianza causata dallo status socio-economico che conferma che le disuguaglianze socio-economiche sono fattori influenti nello spiegare le differenze di salute. In altre parole il basso reddito e la bassa istruzione sono fattori di rischio. Un anziano laureato può aspettarsi di vivere 2 anni in più di uno con la licenza media, una donna 1,3 anni in più. Le differenze si notano anche nella presenza di cronicità e multicronicità e sono anche più evidenti nello svolgimento delle attività quotidiane dove gli anziani con basso titolo di studio incontrano il triplo delle difficoltà di chi ha un titolo di studio elevato.
Anche a livello territoriale si stima una maggiore prevalenza di malattie croniche nel Mezzogiorno e un’incidenza maggiore di limitazioni gravi motorie e sensoriali.


Gli anziani soli si sentono meno protetti 

Di fronte alle difficoltà, la solitudine è un peso difficile da sostenere e lo sanno bene le 600 mila persone anziane con gravi difficoltà nello svolgere le attività di cura della persona e che vivono da sole. Ma anche chi non vive da solo vorrebbe ricevere più aiuti:  il 58,1% degli anziani con gravi difficoltà nelle attività di cura della persona, avverte la necessità di ricevere aiuto o ulteriore supporto, con una netta prevalenza tra gli uomini (64,3% rispetto a 55,6% nelle donne).

Chi aiuta gli anziani ? 

La ricerca evidenzia che tra i care giver uno su cinque è anziano: 1 milione e 700mila anziani offrono cure a familiari o non familiari che hanno problemi di salute o dovuti all’invecchiamento almeno una volta a settimana (il 12,8% che corrisponde a 1 su cinque tra coloro che offrono aiuto). Quasi i due terzi di tali care giver anziani hanno un’età compresa tra i 65 e i 74 anni. E’ solo uno degli aspetti che evidenzia come gli anziani sono protagonisti del welfare.

Denti migliori o cure inaccessibili ?

Incuriosisce il dato sul ricorso, da parte degli anziani italiani, alle visite odontoiatriche: solo il 35,7% degli ultrasessantacinquenni si è rivolto ad un dentista contro il 51,5% della media europea. Anche il tasso di ricovero in ospedale degli anziani e più basso rispetto a molti altri paesi europei, ma non sempre è una scelta e ne abbiamo la riprova andando a vedere la difficoltà incontrata da molti nell’accedere alle cure: il 22,3% (23% le donne) di anziani ha dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie oppure le ha avute in ritardo per problemi di liste di attesa, cui si aggiunge un 8,1% (8,8% per le donne) che le ha avute per problemi di mezzi di trasporto. Anche in questo caso le differenze si acuiscono per status socio-economico e per dislocazione territoriale fra nord e sud italia.

Marco Peroni
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