FATTI

Un profeta euroafricano: Comboni e la “rigenerazione” dell’Africa

Daniele Comboni era nato in una umile famiglia che viveva del proprio lavoro di contadini alle dipendenze di un ricco signore della zona.
Nato nel 1831, nei pressi del Lago di Garda, scelse, con l’aiuto dei genitori di scendere a Verona per studiare, presso un istituto religioso.
In anni di studio appassionato, scopre la vocazione al sacerdozio e, al contempo, è conquistato dai missionari che di stagione in stagione tornavano nella casa di don Nicola Mazza, sacerdote che lo ospita e che è il fondatore dell’omonimo Istituto religioso.
Dopo pochi anni, Daniele Comboni viene ordinato sacerdote e, a 23 anni partì, come missionario alle volte dell’Africa. 

Dopo un lungo viaggio arrivò in Sudan.
Il primo impatto con la terra africana non fu semplice: il clima era insopportabile, poteva accadere di ammalarsi e morire per un nonnulla, ma, invece, fu immediatamente colpito dalla povertà, dalla miseria della gente, che lo rese ancora più determinato a proseguire la sua opera, anche davanti alla morte di diversi suoi compagni di missione.
Con una fervida intelligenza e una profonda preghiera, Comboni elaborò una vera e propria strategia missionaria: per evangelizzare i popoli, pensava, bisognerà pure salvarli dalla miseria.
In occasione di un pellegrinaggio a Roma, presso la tomba di San Pietro, elaborò un progetto per la “rigenerazione dell’Africa”, che prevedeva l’evangelizzazione del popolo africano mediante missionari africani, riponendo la sua fiducia nelle possibilità umane e religiose degli africani.
In un tempo, in cui l’Europa iniziava a pensare come “spartirsi” l’Africa, mediante nuovi imperi coloniali, il giovane missionario, con le sue case e istituti vuole crescere una nuova generazione che possa far crescere l’Africa dai suoi figli.
Daniele Comboni era animato da una fede incrollabile che lo sostenne anche a fronte di difficoltà di ogni genere e anche di incomprensioni, in particolare quando affermava che la missione in Africa Centrale andava considerata, sostenuta e rafforzata.
Fece nascere istituti missionari sia maschili che femminili esclusivamente missionari.
Era un forte oppositore della schiavitù che ancora opprimeva tutta la società africana.
Partecipò al Concilio Vaticano I, presentandosi da semplice sacerdote, ma l’autorevolezza di stimato missionario, per chiedere ai Vescovi che ogni Chiesa locale partecipasse e lavorasse per la conversione e la liberazione dell’Africa.
Poco dopo venne nominato Vicario Apostolico dell’Africa Centrale, e consacrato Vescovo. Queste decisioni verso la figura di Comboni, furono la riprova che la sua linea e le sue scelte erano riconosciute e approvate dalla Chiesa, come il suo sogno di un’Africa libera.
Nonostante il clima molto sfavorevole e condizioni di vita spesso inumane, Comboni continua indefesso il suo impegno per l’Africa, fino ad ammalarsi sempre più seriamente.
Il 10 ottobre 1881 morirà a Khartoum, tra quella che lui amava definire “la sua gente”.
La sua opera missionaria, nonostante la sua scomparsa, non si fermò, anzi si radicò, e i suoi religiosi sostennero non poco le giovani popolazioni dove erano aperte le sue case.
In alcuni aspetti, il pensiero e l’opera di Daniele Comboni furono profetici, per la Chiesa e la società, nei decenni successivi: l’opera di rigenerazione dell’Africa da condurre anche con la formazione di un clero indigeno, locale. In questo modo, aiutava a mettere in crisi un’idea “barbarica”, inferiore, dell’africano, cioè che fosse inferiore e non avesse le capacità di studiare di apprendere come gli europei.
Comboni lavorò seriamente anche in questo campo: si impegnerà ad imparare la lingua locale – di modo che poté affrancarsi da informazioni parziali che potevano offrirgli informatori locali che traducevano e raccontavano al missionario usi e costumi locali – lavorò nella redazione dizionari e libri di grammatica in lingua locale, quella dei Dinka, impara la localizzazione delle diverse popolazioni e lavorò per ridimensionare l’immagine negativa e terrificante diffusa in Europa, sui “selvaggi” africani. Tutto questo lavoro e altro (ma sarebbe troppo lungo citare tutto il lavoro fatto dal missionario in Africa), alla prospettiva di liberare gli africani dagli oppressori e di far conoscere la fede cristiana assieme all’educazione.
Fondatore degli Istituti missionari per gli uomini (Missionari Comboniani del Cuore di Gesù) e per donne (Pie Madri della Nigrizia), essi si diffusero e aiutarono le popolazioni locali a vivere meglio, fornirono medici e medicine, istruzione, lavoro organizzato, insegnarono una cultura della donna non schiava, ma libera e molto altro.
Accertate le necessarie virtù e doti, dopo un non lungo processo, Daniele Comboni fu beatificato nel 1996 e canonizzato nel 2003 da San Giovanni Paolo II.
Nelle loro missioni, i comboniani, sostengono le giovani chiese, continuando a sostenere iniziative di promozione e sviluppo umano nei paesi dove sono presenti. In Europa, il loro impegno è rivolto all’inserimento nella società di persone disagiate e a rischio di emarginazione.
I suoi istituti missionari oggi sono presenti in circa 40 paesi del sud del mondo, in prevalenza in Africa e in America Latina e sono fortemente impegnati nell’educazione, nell’alfabetizzazione e nella promozione umana. In alcuni paesi sostengono e favoriscono anche cure mediche e la realizzazione di ambulatori sanitari.
Germano Baldazzi

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