FATTI

“Anche Dio è un artista!”. Parola di Fasasi lo scultore.

La sempificazione mediatica e propagandistica del fenomeno “migrazioni”, ha portato, l’immaginario collettivo, a dare più risalto alle “masse”, considerate come minacciose, indistinte e portatrici di problemi, a scapito delle singole persone con le loro storie individuali.
Quando però si cerca di andare “oltre” le narrazioni ufficiali – a volte dettate dalle reali condizioni di emergenza, altre volte imposte da opinabili speculazioni politiche di chi cerca facili ritorni in termini di consenso elettorale – ecco che capita di trovarsi di fronte a delle vere e proprie sorpese.
E’ questo quello che mi succede, durante una visita casuale, in un centro di accoglienza SPRAR nel quartiere romano di Centocelle, quando incontro per la prima volta l’artista Fasasi Abeedeen.
Fasasi (che poi è il nome con cui firma le sue opere) è un rifugiato politico di 33 anni e fa lo scultore.
Viene dalla Nigeria, nasce ad Ibadan (la seconda città del paese) nel 1985, dove si forma studiando Arte e Beni Culturali al Politechnical Ibadan, specializzandosi, appunto, in scultura.
Nel 2014, mentre mentre insegna alla National Youth Service Corps, realizza un’importante esposizione nella sua città, alla “Total Carft” Art Gallery
Intorno all’età di 30 anni è costretto, dopo una serie di gravi circostanze, ad abbandonare frettolosamente la Nigeria.
A questo punto entra, come tanti, nella massa indistinta dei migranti richiedenti asilo.
Rimane in questo oblio il tempo necessario per compiere il “grande salto” che, dopo aver attraversato il deserto libico e il Mar Mediterraneo, lo porterà in Italia, dove sarà accolto come rifugiato.
Una volta stabilizzatosi nella nuova vita, Fasasi riemerge con il suo estro. 
Nella Casa di accoglienza dove è ospite, si accorgono che è un artista. Basta mettergli in mano un o pò di argilla, o un pò di creta, o un pò di calce, insomma, qualsiasi materia sia in grado di essere modellata, ed egli produce delle stupende opere.
La sua arte è strettamente legata alla vita.
Le statue di Fasasi, iniziano a prendere corpo nella sua anima. Sono l’espressione di cose che ha visto e vissuto.
Riproduce i dolori della sua terra, il dramma di chi è costretto a fuggire, le sofferenze dei viaggi della speranza, il “mare cattivo” che inghiotte i migranti, i momenti di disperazione, ma anche la mano tesa che aiuta, che porta un pò di sollievo e che spesso salva la vita.
Le immagini drammatiche a cui ha assistito in prima persona, restano indelebili nella sua mente, fino a diventare un’ossessione creativa.
Così, come per il grande Michelangelo, che vive la scultura come il “liberare” una creatura che già “sussiste” nel blocco di marmo che la tiene prigioniera, in un processo simile, Fasasi modella la materia per fare emergere dal proprio mondo interiore tutto ciò che gli è toccato vivere o vedere, nella sua breve ma intensa esistenza.
In qualche modo, riprodurre all’esterno la sofferenza della vita dei più poveri, è un modo per dare senso alle immagini di dolore che egli ha dentro di sè. Perchè quando si da corpo e forma al dolore, lo si comprende meglio, se ne ha meno paura e, soprattutto, lo si condivide.
“Sono dovuto fuggire dalla mia terra. Durante il mio viaggio ho visto tantissimi problemi, sul mare e sulla terra. Quando sono arrivato in Italia, io dovevo ricordare tutto quello che avevo visto e vissuto nel deserto e nel mare. Questo mi ha dato l’ispirazione per i miei lavori. Per ogni opera che ho modellato ho sentito su di me tutto il male che rappresentava. Un dolore e una rabbia insopportabili. Ma ogni ho volta, ho sentito che dovevo andare avanti, che dovevo continuare a modellare, perchè tutti potessero comprendere quello che noi migranti abbiamo dovuto patire”
Grazie all’aiuto della Cooperativa Sociale “In-Migrazione”, Fasasi ha realizzato due esposizioni dai titoli significativi: “In viaggio” e “L’approdo”. Una delle sue opere è stata da lui donata a Papa Francesco. Proprio in questi giorni, ha terminato, su commissione, una statuta, in grandezza naturale, dedicata a Giovan Battista Scalabrini, fondatore dell’Ordine Missionario che porta il suo nome.
Fasasi sta già progettando la sua prossima esposizione, questa volta dedicata al tema delle persone senza fissa dimora che sono sempre più numerose nelle strade di Roma.
“Anche qui in Italia ho visto tanti problemi. Ho visto persone che dormono in strada al freddo e che non hanno possibilità di essere accolte. Queste immagini mi hanno toccato l’anima e subito ho sentito il bisogno di riprodurle”.
La componente spirituale nell’arte di Fasasi ha un ruolo decisivo. 
“Se tu leggi bene i testi sacri, la Bibbia, ma anche il Corano, scopri che, in quanto Creatore, Dio è un artista. Anche Dio è un artista! E’ il primo degli artisti. Dopo aver creato il mondo (che è la sua grande opera), ad un certo punto si ferma ad ammirare ciò che aveva fatto. Proprio come facciamo noi artisti! Questa è la grande arte di Dio. E una piccola parte di questa creatività è stata donata ad ognuno di noi. Noi dobbiamo usarla, possibilmente per fare il bene. Ecco perchè io ho iniziato a fare statue”.
Questo è Fasasi, l’uomo, lo scultore, l’artista nigeriano.

Francesco Casarelli

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