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La banalità dell’odio

L’altro giorno, alla Posta, una filiale di un quartiere semicentrale di Roma, la gente era più numerosa del solito. Tutti abbiamo perso un’ora del nostro tempo. Tanti hanno cominciato ad alzare la voce, a lamentarsi e a inveire. Chi ce l’aveva col governo – e vabbé, siamo in Italia -,  chi con gli impiegati, chi con i dirigenti, chi con gli italiani in genere – da cui ovviamente ci si dissocia, rivendicando un’italianità differente, e migliore -, chi con gli stranieri – invocando un “Prima gli italiani!”, in cui, magicamente, si sarebbe potuto includere anche la gestione delle file ad ogni sportello della Repubblica -.
“Ok, ma che c’entra?”, mi si dirà. Oppure: “E’ normale”.
Non lo so se c’entra, ma forse sì. Mi colpiva una cosa – tra le altre – dell’attacco armato di Halle il 9 ottobre, ovvero il mondo interiore di Stephan Balliet, l’attentatore. “Non era mai in pace, né con sé, né col mondo, dava sempre la colpa agli altri”, ha raccontato il padre.
E’ purtroppo un ritratto che si potrebbe sovrapporre a tanti, nei mille luoghi di questo tempo.  Non sono in tanti ad essere così? Non siamo in tanti ad essere così, almeno qualche volta? Di questi ‘tanti’ forse una piccolissima minoranza, forse nessuno, rovinerà la vita a sé e agli altri organizzando un attentato. Ma forse qualcuno lo farà. 
Occorre disinnescare quella banalità della contrapposizione, dell’accusa, dell’odio, con cui giochiamo troppo, e troppo spesso. Quella normalità con cui finisce per essere colpa di questo e/o di quello, e in particolare dell’Altro da me: dello straniero, dello zingaro, dell’ebreo, del diverso …. 

Bisogna costruire una normalità differente. Una normalità “per”, in cui si alza la voce per dire “Sto con te, con voi. Io e te una cosa sola, voi e noi una cosa sola”. Questa sera la fiaccolata organizzata dalla Comunità ebraica di Roma e dalla Comunità di Sant’Egidio per ricordare la deportazione dei romani di tradizione ebraica il 16 ottobre 1943, in piena guerra mondiale, è l’occasione giusta per iniziare a vivere una normalità più sana. Per dire chiaro: “Non ce l’ho con nessuno, se non col male”.

Francesco De Palma
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