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Roma, la biglietteria e una poesia in regalo

Un flash di umanità nella corsa della quotidianità metropolitana. Devo prendere un treno tra meno di 40 minuti alla Stazione Termini e sono appena arrivata nella fermata San Paolo. Ce la farò? Di corsa, davanti alla macchinetta automatica che sforna biglietti con la lentezza di un pachiderma, cercando affannosamente la bocchetta dove mettere gli euro, un signore alle mie spalle mi chiede se posso regalargli un biglietto. “Va bene” e schiaccio tre volte invece di due la pulsantiera della macchinetta. Mentre aspetto la stampa, mi volto a guardare il signore. Ha uno strano cappello stile cowboy, una barba incolta ed estrae dallo zaino un foglio fotocopiato. “La ringrazio” mi dice “posso regalarle le mie poesie per sdebitarmi?”. Il biglietto è pronto. “Sì grazie, scusi ma devo scappare perché perdo il treno, però leggerò subito le sue poesie”.

La metro arriva subito per fortuna, ce la dovrei fare a prendere il treno, anche se dovrò un po’ correre per raggiungere quello strano binario 1est. Seduta nel vagone della metropolitana inizio a leggere quelle sei poesie scritte in stampatello su un unico foglio, ma impreziosite qui e là da piccoli disegni per dividerle e abbellirle. La cura dei particolari di Emiliano (c’è la sua firma in basso) mi commuove.
Una poesia mi colpisce in modo particolare:
Squarciano veli
animi inquieti e celano
lingue affilate
in ferite d’arcobaleno
cuciono rottami
di speranze perdute
Esuli felici
cercano col volto
dal dolore scolpito
brandelli di sentimento
in estinte inondazioni
Si corre sempre nelle nostre città affannate. Ma quanti arcobaleni si possono raccogliere da una piccola sosta davanti a persone “ferite”, che si sentono “rottami di speranze perdute”, “volti dal dolore scolpito”. Non sono l’attivismo e l’efficienza a fare la differenza, ma sempre e comunque l’umanità, ho pensato. Grazie! Al prossimo incontro…

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