Di avvocati e di vittime
Dopo aver ricevuto l’incarico di formare il governo, Giuseppe Conte aveva dichiarato: “Ho perorato le cause di tante persone, mi accingo a difendere gli interessi di tutti gli italiani, mi propongo di essere l’avvocato difensore del popolo italiano”.
Non si vuole entrare nel merito di un giudizio sull’esecutivo, sui suoi primi passi, sul suo operato. Gli abitanti della penisola avranno tempo per farsi un’opinione al riguardo. Ma mi aveva colpito l’autorappresentazione del Presidente del Consiglio incaricato, che mi era sembrata in linea con il mood prevalente fra i miei connazionali: con l’idea di aver subito un torto, di essere stati defraudati; con uno stato sospeso di rancore, risentimento e vittimismo; con la convinzione che stiamo subendo le ingiustizie della globalizzazione, le ricadute delle migrazioni internazionali, le scelleratezze della Germania, della Francia, dell’Europa.
L’italiano è – o si disegna così – vittima di un sistema ingiusto. “Si approfittano di noi”, “Vengono tutti qui”, “Solo in Italia si permettono certe cose”. Per cui essere anti-sistema è semplicemente schierarsi contro un’ingiustizia, è reazione sacrosanta contro euro, tedeschi, migranti, rom, politici, e chi più ne ha più ne metta.
Ma – potremmo dire parafrasando Brecht – “Beato quel popolo che non ha bisogno di avvocati!”. Il vittimismo imperante non fa ben sperare sulle possibilità di ripresa del Paese (anche se mi auguro di sbagliare), configura un’autoassoluzione pericolosa del nostro carattere, delle storture a cui come comunità nazionale siamo abituati.
Eppure, tant’è. Il problema non siamo noi. Il problema non sono il familismo amorale, lo scarsissimo senso dello Stato, l’enorme debito pubblico, le mafie, l’evasione fiscale, la mancanza di investimenti sulla ricerca, la scarsa produttività, l’analfabetismo funzionale, l’occupazione in nero, la burocrazia, etc., etc., tutti fenomeni autoctoni, italianissimi, talmente italiani che – per dirla con Salvini – “purtroppo dovremo tenerceli” …. No, il problema è fuori di noi. Il problema è difenderci da ciò che di cattivo la realtà agita attorno ai nostri confini, il problema sono gli europei che non riconoscono le nostre ragioni, il problema è “l’uomo nero”.
E qui, parlando di “uomini neri”, comprendendo in questa categoria astratta tutti coloro che danno fastidio – e il più delle volte è un fastidio davvero minimale, se non incomprensibile, che nasce dallo stare davanti a un bar con un cappellino, dallo stare su un muretto in gruppo -, ecco, un’ultima considerazione. Ché qui gli avvocati ci vorrebbero davvero. Ché qui parliamo di gente senza molti diritti, nemmeno del diritto a sperare – che so … – in un reddito di cittadinanza.
Loro no, “neri” come sono, non si presuppone debbano avere un avvocato. Anzi. Via le ONG, abbasso le cooperative che gestiscono i centri di accoglienza, stiano attenti gli avvocati d’ufficio che osano fare ricorsi. Io ho diritto a un avvocato che mi difenda, ma i migranti non hanno diritto a qualcuno che prenda le loro parti. Io ho ogni diritto di lamentarmi delle piccole e grandi difficoltà della vita, ma lui, lei, loro, che sono fuggiti da una guerra o dalla fame, che hanno attraversato il deserto di sabbia e poi quello d’acqua, è meglio stiano al loro posto: “E’ finita la pacchia”.
Proprio i più poveri, i più indifesi, proprio loro sono quelli a cui è negato il diritto a un avvocato. Nessuno può ergersi loro difensore, né sui media né sui social, perché allora partono le recriminazioni: “Portateli a casa tua”, “L’Africa in Italia non c’entra”, …. Per loro niente maestà della legge, nessuno stato di diritto, nessun “La legge è uguale per tutti”.
L’opinione pubblica, così pronta a digerire l’azzeramento dei debiti Equitalia sotto i 100.000 euro (!), l’irresponsabilità di chi è stato, sì, truffato, ma mentre operava come investitore di capitali “di rischio” (qualcosa vorrà dire questo termine) e non come risparmiatore, i tre milioni e mezzo di italiani che percepiscono una pensione “baby”, dopo aver lavorato tra i 14 e i 19 anni; bene, quella stessa opinione pubblica sarà pronta a condannare senza bisogno di prove “l’uomo nero” colpevole – udite, udite – di essere qui, e non là; di incrociare il mio sguardo, e non quello di altri disgraziati come lui. Per qualcuno avvocati a go-go. Per altri solo il dito teso dell’accusa.
Va bene, per carità, come vuole la maggioranza! Però non mi si venga dire che ci stiamo difendendo contro i poteri forti. Che siamo la “grande proletaria” che reagisce alla globalizzazione demoplutocratica. No, cari miei. Stiamo solo facendo lo sgambetto agli ultimi della terra, a chi può essere messo sotto tiro perché tanto non ha nessun potere, non vota, non ha soldi, non ha debiti troppo elevati da spaventare i suoi creditori se dovesse fallire ….
Francesco De Palma
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