Tutti
 abbiamo ascoltato Soldi, la canzone
 di Mahmood vincitrice a Sanremo 2019 e partecipante anche all’Eurovision 2019.
 Potremmo dire che Soldi è un brano che parla di sentimento e disillusione. Il
 testo, in effetti, ci racconta una storia in qualche modo nota, quella di una
 persona che si sente ingannata perché l’altra persona ha mischiato nel loro
 rapporto una questione di … soldi. La canzone narra la figura del padre
 egiziano del rapper che un giorno se ne è andato senza farsi più vivo. Mahmood è cresciuto nella periferia di Milano
 (dove è anche nato) solo con la madre sarda che il giovane artista ha
 ringraziato anche dal palco di Sanremo. «Il
 pezzo non parla di soldi a livello materiale ma di come possono cambiare i
 rapporti all’interno di una famiglia – ha spiegato Mahmood a Fanpage. È un pezzo che racconta una storia di una
 famiglia non tradizionale, tutto qua. Io non parlo arabo, ma ci sono delle
 frasi che mi ricordo, che fanno parte della mia infanzia ed era un modo
 perfetto, cantare quelle frasi mi rimanda proprio a una determinata scena, a un
 momento».
  «Il punto non è cosa farò dei soldi, bensì
 cosa faranno i soldi di me» diceva significativamente Hans Magnus
 Enzensberger. Nessuno può negare che avere denaro consente di avere una vita
 migliore; anche i sociologi, attraverso i loro studi, confermano che possedere
 soldi è un effetto protettivo che aiuta ad affrontare le difficoltà della vita,
 che la disponibilità economica è associata a emozioni positive e al benessere,
 fisico e psicologico. Al contrario, i problemi economici e finanziari hanno
 conseguenze negative su molti versanti, quali aspettativa di vita, depressione,
 malattie, percezione di mancanza di controllo sulla propria esistenza. Banalmente,
 aver bisogno di soldi rende la vita difficile, avere soldi la facilita. 
  
   Tanti studi – di cui ha
 dato conto la Volpato nel suo volume Le
 radici psicologiche della disuguaglianza – dimostrano convincentemente che
 rendere saliente, in modo sottile, il concetto di denaro è sufficiente a
 produrre cambiamenti positivi (persistenza in compiti difficili, assunzione di
 responsabilità nel lavoro) e negativi (minore disposizione all’aiuto, maggiore
 distanza tra sé e gli altri) nel comportamento delle persone. Le ricerche
 analizzano come il denaro incida sui processi cognitivi, motivazionali, emotivi
 degli attori sociali, partendo dall’idea che la sola attivazione del concetto
 di denaro nella mente degli individui provochi cambiamenti sostanziali nel loro
 comportamento: si tratta di cambiamenti positivi per l’individuo considerato
 come entità a sé stante, ma negativi per le relazioni personali che intesse con
 altri. L’eccessivo amore per il denaro rende infatti spesso problematici i
 rapporti interpersonali. Sostiene la Volpato che «il benessere psicologico può essere corroso dal dilemma tra
 l’importanza da dare ai valori familiari e la brama di possedere sempre di più,
 anche se è inquietante notare che chi mette consapevolmente al primo posto il
 possesso materiale e al secondo le relazioni sociali non subisce ripercussioni
 negative sul piano psichico». L’amore per il denaro riflette, nelle
 ricerche di cui parleremo, la combinazione tra l’importanza data ai soldi, il
 desiderio di arricchirsi e la motivazione a perseguire tale scopo e va distinto
 dal bisogno oggettivo di denaro. Tre studiose americane, Kathleen Vohs, Nicole
 Mead e Miranda Goode, pochi anni fa hanno condotto una serie di studi
 sperimentali per mostrare come rendere saliente il denaro nella mente delle
 persone incoraggi gli sforzi e le prestazioni individuali, ma diminuisca la
 sensibilità ai bisogni altrui; l’attivazione del concetto di denaro favorisce
 l’autosufficienza, vale a dire la scelta di comportamenti attuati senza il
 coinvolgimento di altri. Quindi da un lato, le persone a cui è stato reso
 saliente il pensiero dei soldi sono meno interessate all’armonia nelle
 relazioni interpersonali, non si comportano in modo altruistico, si curano poco
 degli altri, non esprimono calore, rifuggono dall’interdipendenza; dall’altro,
 queste stesse persone si sintonizzano su una forma mentis di tipo
 professionale, adatta agli affari e al mondo del lavoro: compiono sforzi,
 accettano compiti impegnativi, si sentono e si mostrano efficaci.
  Altre ricerche recenti,
 del 2016, partendo dalla consapevolezza che la salienza del denaro aumenta il
 desiderio di tenere gli altri a distanza, ha ipotizzato che il risultato possa
 in determinate situazioni essere rovesciato: pensare ai soldi può facilitare,
 anziché inibire, il contatto con altri, nella cornice però di un approccio
 strumentale alle relazioni sociali. Spiega la sempre la Volpato «che il pensiero dei soldi aumenta, infatti,
 la considerazione del prossimo come mezzo per raggiungere i propri fini e la conseguente
 tendenza ad avvicinarlo in modo strumentale. Se il denaro attiva la modalità
 relazionale prezzo-mercato, le persone si focalizzeranno sul calcolo di ciò che
 possono ottenere o perdere in una relazione; di conseguenza saranno portate a
 comportarsi in modo strategico nei rapporti interpersonali. Gli altri,
 percepiti come strumenti, saranno avvicinati, non allontanati, in funzione
 della loro utilità». Il denaro incrementa la tendenza delle persone a
 focalizzarsi sugli aspetti strumentali delle relazioni e le porta ad avvicinare
 gli altri in funzione della loro utilità: il denaro aumenta l’attrazione
 interpersonale quando gli altri possono facilitare il raggiungimento di
 determinati obiettivi.
  «La
 ricchezza è pericolosa», perché «dove si mettono al centro i soldi non c’è posto per Dio e non c’è
 posto neanche per l’uomo». È il monito del Papa, che ricorda che «il Signore non fa teorie su povertà e
 ricchezza, ma va diretto alla vita. Ti chiede di lasciare quello che
 appesantisce il cuore, di svuotarti di beni per fare posto a Lui, unico bene».
 «Non si può seguire veramente Gesù quando
 si è zavorrati dalle cose», denuncia
 Papa Francesco: «Perché, se il cuore è
 affollato di beni, non ci sarà spazio per il Signore, che diventerà una cosa
 tra le altre. Per questo la ricchezza è pericolosa e – dice Gesù – rende
 difficile persino salvarsi». «Non
 perché Dio sia severo, no! », puntualizza il Papa: «Il problema è dalla nostra parte: il nostro troppo avere, il nostro
 troppo volere ci soffocano il cuore e ci rendono incapaci di amare. Perciò San
 Paolo ricorda che l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali». «Lo
 vediamo», ha osservato Francesco: «Dove
 si mettono al centro i soldi non c’è posto per Dio e non c’è posto neanche per
 l’uomo». «Gesù è radicale», ha detto il Papa: «Dà tutto e chiede tutto: dà un amore totale e chiede un cuore
 indiviso». 
  
  Antonio Salvati
  
   
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