Ogni
 anno, in questo periodo, la preoccupazione è sempre lo stessa: dovere iniziare
 a raccogliere tutti i documenti necessari per la dichiarazione dei redditi.
 Proprio mentre la flat tax è divenuta una delle grandi questioni su cui la
 politica italiana, imprese e professionisti discutono intensamente, ormai da
 parecchi anni. Non tutti sanno che quando si parla di flat tax si intende un
 sistema fiscale non progressivo, basato su una aliquota fissa, al netto di
 eventuali deduzione fiscale o detrazione. 
  
   
  Spesso
 accurate analisi o studi di esperti ci forniscono delle sorprese inaspettate,
 una sorta di un’altra Italia con dei tratti talvolta sorprendenti. Come i dati
 i dati ufficiali del Tesoro sulle dichiarazioni dei redditi fatte nel 2018
 (quindi sui redditi 2017) o quelli rielaborati dai commercialisti, di cui hanno
 dato conto alcuni quotidiani come Avvenire.
 Una marea di dati interessanti per chi desidera comprendere lo stato economico,
 il benessere (o malessere) del Paese. Ebbene, secondo i dati ufficiali del
 Tesoro sulle dichiarazioni dei redditi fatte nel 2018 (quindi sui redditi 2017)
 da 41 milioni e 200mila italiani, la tassa piatta, è già oggi un dato di fatto,
 se si escludono ovviamente i redditi più alti. : 3 contribuenti su 4, pur con
 l’attuale sistema di 5 aliquote e scaglioni di reddito, fra deduzioni e
 detrazioni dall’imposta e compensazioni mediante il bonus degli 80 euro, hanno
 avuto un prelievo effettivo inferiore al 15% del proprio reddito complessivo.
 In altri termini, il 76% delle dichiarazioni (era il 75% l’anno prima) il
 prelievo fiscale è già uguale o più basso rispetto all’ipotesi di una tassa
 piatta al 15%.
  Siamo
 il paese delle tante contraddizioni: abbiamo 5 milioni di “poveri assoluti”
 certificati dall’Istat. Eppure il reddito di cittadinanza, misura (tanto
 dibattuta) ha registrato ad oggi un numero di domande, 807mila, decisamente non
 elevato rispetto al temuto assalto immaginato dai Caf, i centri d’assistenza
 fiscale. Numeri che, al di là della povertà reale, concreta, ci rafforzano nel
 fondato sospetto dell’esistenza di un’altra Italia, quella nascosta del
 “sommerso”, dei 108 miliardi d’imposte e contributi non pagati, stando alle
 stime più accreditate. 
  Insieme
 al 32% di contribuenti a “Irpef zero”, un altro 43,92% paga le tasse, ma in
 misura inferiore al 15% sul reddito complessivo dichiarato (18,1 milioni di
 persone); solo il restante 24,06% subisce un prelievo superiore al 15%. Sono
 questi 10 milioni e 188mila quelli che potremmo definire i “benemeriti
 fiscali”, sul piano del contributo netto che danno come entrate. Con
 un’ulteriore suddivisione: il 45% degli italiani (quelli con redditi lordi fino
 a 15mila euro) contribuisce al 4% dei 157,5 miliardi d’Irpef totale incassata
 nel 2017, mentre il 50% (compreso tra 15 e 50mila euro) versa il 57%. Con più
 di 50mila euro lordi di reddito dichiarato c’è solo il 5,3%: si tratta grosso
 modo di 2 milioni e 200mila italiani che versano ben il 39,2% dell’Irpef
 totale. Fino ad arrivare a quei quasi 428mila soggetti che dichiarano fra i 100
 e i 200mila euro lordi e comunque versano il 13% di tutta l’Irpef. Comprendiamo
 che una sorta di redistribuzione già esiste, Pertanto, un’eventuale
 provvedimento in futuro dovrebbe riguardare non tanto i redditi dichiarati,
 quanto quelli che non lo sono, con una seria lotta all’evasione e all’elusione
 fiscale. Ovviamente guardando ai “patrimoni”, brutta parola che evoca la
 patrimoniale, quasi si volesse introdurre il delitto d’onore. E se dobbiamo
 rafforzare la redistribuzione perché non accordare qualcosa di più in termini
 di aiuti alla famiglia a quel ceto medio che oggi si sobbarca la maggior parte
 del carico Irpef?
  E
 dall’Italia dei patrimoni abbiamo un altro dato decisamente singolare: mentre
 l’imposta netta è rimasta sostanzialmente stabile, pari in media a 5.140 euro
 annui, il reddito procurato da affitti è salito di ben il 12,04% in 12 mesi,
 passando da 12,8 a 14,4 miliardi, frutto solo in minima parte (per 44 milioni)
 dell’estensione dell’agevolazione agli affitti brevi, non superiori a 30
 giorni. Un balzo prodigioso del 28,76% ha avuto poi il reddito da immobili
 sottoposti alla cedolare secca del 10%, più agevolata rispetto al 21% “base”. E
 persino tra il milione e 100mila d’italiani “poveri”, cioè con reddito soggetto
 a Irpef pari a zero, ne spuntano 91.992 che comunque hanno dichiarato redditi
 da locazioni con cedolare secca. Da un estremo all’altro, si trova poi la
 curiosità dei Paperoni arrivati dall’estero, attratti dalla tassa piatta (introdotta
 dal governo Renzi) di 100mila euro sui redditi esteri e di 25mila per i
 familiari, che hanno messo residenza in Italia: sono stati 94 e hanno portato
 nelle casse dell’Erario 8 milioni di euro.
  Antonio
 Salvati
  
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