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Don Milani e la scuola: “Il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera” …

La scuola è un tema caldo. E, molto opportunamente, l’anniversario della morte di don Lorenzo Milani (26 giugno 1967) ci aiuta a guardare al dibattito sulla riapertura dell’anno scolastico a settembre in maniera meno superficiale, meno semplicistica, meno ideologica.

Eh sì, perché don Milani – e “Lettera a una professoressa” (d’ora in poi LP) – ci ricordano il nodo vero della questione, il fatto che non si possono “curare i sani e respingere i malati (LP, p. 29), che “la scuola ha un problema solo, i ragazzi che perde” (LP, p. 35). 

Un problema solo. Fatti salvi i mille problemi di far scuola convivendo con il coronavirus, il punto è uno solo. E’ utile ricordarsi che la scuola – quella di ieri e quella di oggi – non riguarda solo i docenti e le loro più o meno giuste rivendicazioni stipendiali e non – ma leggiamo: “disposti a darvene anche di più, purché facciate un orario un po’ più decente” (LP, p. 62) -. Che la scuola non riguarda solo i genitori e il loro diritto a un “parcheggio” per conciliare famiglia e lavoro. Se la scuola è tale, è per i ragazzi. E se non è per i ragazzi non è scuola.

La scuola è vera scuola se combatte le frasi del tipo “Non è adatto per studiare” LP, p. 11). Il che vale anche per DSA e BES con i quali si largheggia – purtroppo – in misure “dispensative”.

La scuola è vera scuola se “a quelli che sembrano cretini gli si fa lezione a pieno tempo” (LP, p. 80). Ma “la parola pieno tempo vi fa paura” (LP, p. 85), si scriveva a Barbiana nel 1967. Farebbe paura ancor oggi a presidi, docenti, personale ATA e genitori.

La scuola è vera scuola se “si dedica al prossimo” (LP, p. 94), “se fa strada ai poveri” (LP, p. 97), “se il sapere serve solo per darlo: ‘Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo'” (LP, p. 110), se “il maestro dà al ragazzo tutto quello che crede, ama, spera. Il ragazzo crescendo ci aggiunge qualche cosa e così l’umanità va avanti” (LP, p. 112).

Sì, don Milani è ancora inattuale, e non certo per le irrisorie percentuali di “bocciati” della scuola italiana di questo inizio di XXI secolo. La sua parola è ancora profetica, perché ci indica una meta da raggiungere. Il suo sogno non è ancora divenuto realtà. Riusciremo ad avvicinarvisi, al di là delle polemiche sul plexiglas(s)?

Francesco De Palma

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