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Cinquant’anni fa veniva eletto Paolo VI, il papa dell’umanesimo cristiano

“Le riforme di Paolo VI hanno rappresentato una ‘transizione’ importante tra la Chiesa della prima metà del secolo e quella del Concilio. Paolo VI ha ridato a Roma e al papato un nuovo ruolo nella Chiesa cattolica: il papa si è posto come protagonista degli eventi postconciliari, aiutato da una curia riformata, internazionalizzata, più partecipata”. Così Andrea Riccardi si riferiva al pontificato di Paolo VI nel saggio “Da Giovanni XXIII a Paolo VI” apparso nel volume “Chiesa e papato nel mondo contemporaneo” edito da Laterza nel 1990. 
A cinquant’anni dall’elezione di Paolo VI, questo saggio, che non accusa il peso degli anni, aiuta a ripercorrere le tappe significative di un pontificato forse ancora poco compreso nelle sua complessità e nel suo enorme valore, quello appunto di aver traghettato la Chiesa cattolica negli anni del Concilio, e in quelli seguenti.
In questi anni, segnati dalla guerra fredda, dalla decolonizzazione, dall’esigenza di rinnovamento culturale e antropologico, e infine dal terrorismo  – gli “anni di piombo” – la Chiesa cattolica vive un profondo “aggiornamento”, come si legge nell’enciclica Evangeli Nuntiandi, del 1974: “Gli obiettivi del Concilio si riassumono, in definitiva, in uno solo: rendere la Chiesa del XX secolo sempre più idonea ad annunziare il Vangelo all’umanità del XX secolo”.
Riccardi considera questa enciclica un documento chiave, che apre “una stagione di insistenza sui temi pastorali, missionari, spirituali”.
Una stagione che pare tutt’altro che conclusa, ma anzi “rilanciata” con l’elezione di papa Francesco.
Se dunque la storia aiuta a comprendere il presente, questo cinquantesimo anniversario dell’elezione di Paolo VI ci aiuta forse ad ascoltare in maniera più consapevole le parole del nuovo papa ed a comprenderne con maggiore profondità lo spessore ed il radicamento nella vocazione della Chiesa.

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