Categorie: SGUARDI

Un'”età giovane”, un tempo in cui si ha bisogno di maestri …

I fratelli Dardenne – che abbiamo già recensito una volta su questo blog, per “La ragazza senza nome” – tornano con “L’età giovane”, la storia di un ragazzino belga di seconda o terza generazione, che viene radicalizzato da un imam fanatico, fino a lanciarsi un jihad personale contro una propria professoressa, anch’essa di origini arabe, ma progressivamente laicizzatasi, un po’ troppo secondo il giovanissimo islamista.

Ahmed trova nella versione estremista della propria religione il modo per arroccarsi. Inattaccabile, sarà puro e avrà ragione. Non saranno il richiamo della famiglia, né le prime avvisaglie del desiderio erotico, a distoglierlo dai propositi violenti. Sarà il dolore, e quindi l’immedesimazione con la possibile vittima, a farlo tornare in sé.
I Dardenne continuano a proporre storie minime, al limite del quotidiano, eppure drammaticamente vicine ai grandi temi che la vecchia Europa vorrebbe non affrontare. Se però il continente amerebbe congedarsi dalla storia, è la storia a non volersi dimenticare di noi. Dopo l’immigrazione, allora, i due cineasti belgi ci fanno riflettere sulla radicalizzazione delle seconde generazioni.
Il tocco in più che la pellicola offre, il suo valore aggiunto, è quello di posizionarsi in un “non-tempo”, potrebbe dire Augé, in un “quando” a metà fra varie strade, quale può essere l’adolescenza. “L’età giovane” coglie quell’attimo particolare in cui tutto è possibile e ci avverte dell’enorme responsabilità che si ha nell’indirizzare un adolescente in una direzione o in un’altra. Di qui il rilievo della figura dell’insegnante Inès nel film, come pure dell’imam fondamentalista, Youssouf. Tutto sta a incontrare un buono o un cattivo maestro.
Chi e come saranno i giovani, un domani, dipende da tutti. Ma andiamo oltre. Perché forse c’è un’altra età giovane cui guardare, ovvero l’età giovane che è in noi – in questa stagione liquida, confusa, spaesata, che crede di poter abitare un eterno presente -, per evitare che essa si faccia fuorviare dai fondamentalismi, dai sovranismi, dalle parole violente che circolano nei mille pseudo-luoghi di culto “fai da te” che sono i social.


Francesco De Palma

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