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La denatalità: “E’ un problema più profondo, di mentalità e di dittatura dell’io”

Con un’intervista su “La Stampa” dell’altro ieri il sociologo Giuseppe De Rita, fondatore del Censis, è intervenuto nel merito del dibattito sul drammatico calo delle nascite che il Paese sta vivendo. Con un’analisi che sembra innovativa, e più puntuale dei soliti luoghi comuni sulla diminuzione dei nati in Italia soprattutto per ragioni economiche.

De Rita ridimensiona innanzitutto la presunta pauperizzazione dei ceti medi: “Tutti dicono che in Italia non c’è più un euro, ma non è vero. Aumentano i depositi bancari, le polizze vita, il risparmio nei fondi d’investimento, i soldi provenienti dall’economia sommersa e nascosti nel materasso. […] Se non si fanno figli è soprattutto perché non si vuole ridurre abitudini e comodità. I figli […] obbligano eterni Peter Pan a uscire dal loro egoismo”.

Per il sociologo il problema è in massima parte di fondo, culturale e di mentalità: “E’ un problema di dittatura dell’io. Una società che non sa più dire ‘noi’ non fa figli. Si è perso l’equilibrio nei rapporti sociali necessario per stare bene insieme, uno accanto all’altro. L’egolatria dei social riduce gli orizzonti mentali e impedisce di accettare la sfida della genitorialità. Sono cresciuti timori, risentimento, autoreferenzialità”.

Il quadro – insomma – è ancor più drammatico che se la questione fosse risolvibile con bonus e assegni unici. “Per riempire le culle non bastano asili nido gratis. Bisogna lavorare sul tessuto sociale e ricostruire un’idea di comunità Le culle sempre più vuote sono il risultato di un paese impaurito, ripiegato sul presente, incapace di pensare al futuro”.

E meno male che l’Italia non è abitata solo da italiani: “Il crollo delle nascite nell’ultimo decennio sarebbe stato ancora più verticale se l’Italia non avesse goduto dell’effetto compensatorio della fecondità delle straniere”.

Francesco De Palma

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