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Franco Basaglia: la realizzazione di un’utopia.

L’importanza della legge 180\78

A molti non è chiaro quanto è stato importante Franco Basaglia nella storia d’Italia. Per alcuni addirittura sta diventando un fastidioso retaggio del passato,  che non permette l’applicazione di nuovi protocolli di cura che prevedono pratiche traumatiche come l’elettroshock, però maggiormente medicalizzate e con un protocollo d’uso più ristretto. Penso che la questione centrale della battaglia basagliana non è la lotta contro pratiche disumane, anche se questo è un corollario fondamentale ed anche una delle ragioni che hanno spinto lo psichiatra Veneto ad agire. La sua battaglia è sulla non esistenza della follia. In sostanza è l’applicazione nel sociale di quello che la psichiatria andava dicendo da molto tempo, l’estrema conseguenza di quello che dicevano Freud e Jung, in modi completamente diversi l’uno dall’altro a livello individuale. Siamo tutti partecipi degli stessi sogni e degli stessi incubi, delle stesse passioni e degli stessi desideri, il problema è che ciascuno reagisce diversamente e questa diversità crea degli estremi che faticano a inserirsi. Il problema allora è una società aperta che permette l’inserimento, non segregare i casi estremi. Personalmente ho presente la figura di Alda Merini, poetessa di grandissima sensibilità che a causa di alcuni suoi turbamenti, ha subito la segregazione in manicomio. La sua raccolta di liriche “La Terra Santa” è un diario abbastanza esplicito dei maltrattamenti terribili in cui fu sottoposta. 

Realizzare l’impossibile

Il problema di Basaglia non è quello di risparmiare sofferenze degli individui, anche se certamente questo particolare era una spinta ma non era l’elemento trainante. Egli credeva nella realizzabilità di un’utopia, credeva nella necessità della libertà individuale. Il fatto che uno dei suoi libri in cui espone più organicamente il suo progetto s’intitoli “Utopia della realtà” è significativo. Il suo pensiero si collega a quello di altri sognatori e che non si limitarono a considerare le loro idee dei sogni ma le vollero realizzare. Passando da Gioacchino da Fiore a San Francesco, Tommaso Campanella, c’è un filo rosso che collega coloro che hanno considerato i loro sogni più veri della realtà esistente e hanno reso reale quello che prima di loro sembrava impossibile. Oggi, nonostante tutto, la follia non è più segregata, e se lo è, è per negligenza, per errore. Bisogna resistere alla tentazione del pessimismo anti-utopico, del realismo che tende a distruggere quelle utopie che, realizzate, hanno migliorato il mondo.

Tutto può cambiare

Lo stesso Basaglia fu un folle perché pensò di chiudere i manicomi in una società che li considerava necessari, quale follia più grande di un anticonformismo così smaccato? Forse questa follia è l’unica che ci può salvare e che, in un mondo dove si considera necessario produrre plastica e distruggere l’ambiente per mandare avanti l’economia, si possa pensare, follia estrema, che tutto questo può non essere e che tutto può cambiare.

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