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Portami il tramonto in una tazza

Alcune impressioni su Emily Dickinson al 135 anni dalla sua morte.

Emily Dickinson nel dagherrotipo ripreso fra il 1846 e il 1847, restaurato nel XXI secolo

Mi sono chiesto perché le opere di Emily Dickinson risultino così fresche, sembrano qualcosa di buono che stagionando migliora. La poetessa in vita pubblicò poche poesie, sette in tutto. Pare che alcune le furono rimaneggiate dagli editori. Certamente la stima altrui non fu il motore della poesia di Emily Dickinson. La prima volta che ascoltai i suoi versi fu da un mio amico che mi recitò l’incipit di una poesia:

portami il tramonto in una tazza

mi è bastato! Da allora leggo Emily Dickinson spesso e volentieri. Si sente nei suoi testi qualcosa dei romantici, qualcosa di shakespeariano, ma anche il cantico dei cantici e i salmi di Davide.

Una visione del sacro contemporanea

Credo che nell’animo di questa poetessa si è generata la fusione tra il sacro codificato in una tradizione e il bisogno di sacralità che hanno in comune tutti gli uomini. Questo avviene nelle sue poesie molto prima che qualcuno cominci a studiare il sacro come fenomeno sociologico. Leggendo le sue liriche tutto si anima, ogni cosa trova il suo senso. Questa poetessa usa gli archetipi della natura, dello spirito, della religione accostandoli con delicatezza, come farebbe un orologiaio per i sistemare i meccanismi piccolissimi di un orologio da polso smontato, è necessaria una grande maestria e una precisione fuori dal comune. 

Cantare nonostante tutto

Perché usare tanta maestria in un’operazione che non viene apprezzata? Può essere utile ricordare le frasi di un altro grande poeta Arthur Rimbaud: “non è colpa del legno se si ritrova essere violino, io è un altro” mi scuso per la citazione approssimativa. L’investitura malgrado se stessi che avviene attraverso veicoli misteriosi. Quest’ultima è difficile da sostenere infatti non piace ai razionalisti, che devono collocare ogni fenomeno in una casella; fa impazzire i critici, perché non rientra in fenomeni codificabili con delle regole. Mi pare una delle caratteristiche più precipue dei poeti: quella di cantare nonostante tutto. La vicenda delle poesie di Emily Dickinson è particolare. 

Il ritrovamento delle poesie una vicenda statunitense

In breve: cinquant’anni dopo la sua morte, poco dopo la morte della sorella, la nipote trova un baule dentro il quale ci sono gran parte delle poesie, dopodiché si mette a cercare e finisce per trovare circa 1700 testi. La nostra fortuna è che la vicenda si sia verificata negli Stati Uniti dove un baule pieno di poesie, che magari non si apprezzano o non si capiscono, non viene lasciato marcire o buttato, come sarebbe stato in Italia. Negli Stati Uniti una cosa di cinquant’anni può essere definita antica e si tiene, e ciò che non si capisce o non si apprezza appieno, comunque si cataloga. La passione per in vintage e quella per la catalogazione degli statunitensi ha reso il corpus poetico di Emily Dickinson fruibile e accessibile ed esso sarà una miniera di ispirazione poetica e filosofica per molti molti anni ancora.

La traduzione della lirica che segue è mia, giusto per dare un’idea, suggerisco di attenersi all’originale.

https://www.emilydickinson.it/



Bring me the sunset in a cup
Reckon the morning’s flagon’s up
And say how many Dew,
Tell me how far the morning leaps –
Tell me what time the weawer sleeps
Who spun the breadths of blue!
 
Write me how many notes there be
In the new Robin’s extasy
Among astonished boughs –
How many trips the Tortoise makes –
How many cups the Bee partakes,
the Dabauchee of Dews!
 
Also, who laid the Rainbow’s piers,
Also, who leads the docile spheres
By withes of supple blue?
Whose fingers string the stalactite –
Who count the wampum of the night
To see that none is due?
 
Who built this little Alban House
and shut the window down so close
My spirit cannot see?
Who’ll let me out some gala day
With implements to fly away
Passing Pomposity?


Portami il tramonto in una tazza
Conta quante caraffe riempie il mattino
e scopri quante di rugiada,
dimmi quanto lontano salta il mattino –
Dimmi a che ora dorme il tessitore,
chi ha filato le larghezze di blu!

Scrivimi quante note ci sono
nella nuova estasi del pettirosso
Tra rami attoniti –
Quanti viaggi fa la Tartaruga –
Quante coppe ingurgita l’ape,
avide bevitrice di rugiada.

E poi, chi ha posato i pilastri dell’arcobaleno,
e poi, chi guida le sfere docili
legate con un tenue azzurro?
Di chi sono le dita che infilano la stalattite –
Che contano pele della notte
per vedere che nessuna manchi?

Chi ha costruito questa piccola casa bianca
Serrando così bene le finestre
Che Il mio spirito non può vedere?
Chi mi farà uscire un giorno di gala
procurandomi gli strumenti i per volare via
passando pomposamente?

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