Categorie: OPINIONI

La scuola è presenza …

“Ho avuto il privilegio della mia dose qualche giorno fa”, ha scritto Stefano Allievi, professore universitario in un ateneo del Nord. “E mi rendo conto di quanto lo sia, un privilegio. […] Quando capisci che è un privilegio, capisci anche che non ne hai alcun merito: hai solo vinto il terno al lotto di vivere in un paese sviluppato, di appartenere a una categoria con un minimo (proprio minimo) di rischio. Mentre la maggior parte del mondo, e anche dei tuoi concittadini, è ancora lontana da questo traguardo”.

Quel privilegio è stato anche il mio, un paio di settimane fa, come docente di scuola secondaria di II grado. Un privilegio che sento, e che mi spinge a fare una considerazione ulteriore.

Noi vaccinati, noi privilegiati, perché lo siamo stati? Non è forse per poter garantire una scuola in presenza? Non è forse per rispondere a un’emergenza educativa e formativa gravi quanto quella sanitaria? E allora perché le scuole sono chiuse e i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, i giovani sono a casa (o in giro)? Se la società ha – giustamente! – un così alto concetto della scuola da anteporre un docente a un ultrasettantenne, perché poi non è conseguente, e non tiene aperte le scuole prima di tutto? Perché non le tratta almeno alla stregua degli alimentari?

Eppure in tanti segnalano le ricadute didattiche e psicologiche di una tale scelta. Eppure ormai è opinione diffusa che la DAD – o DDI – non sia vera scuola. Eppure si era giunti qualche settimana fa a concordare che il mondo della formazione andasse rimesso al centro dell’attenzione nazionale.

Per quel che vale io e tanti altri “privilegiati” siamo dalla parte di Anita, 12 anni, che protestava e protesta contro la didattica a distanza davanti alla “Italo Calvino” di Torino: “Della scuola mi manca tutto, ogni singolo mattone. Si impara molto di più guardando negli occhi i professori che davanti a uno schermo”.

Che la scuola, e non la strada o un cellulare, siano l’oggi e il domani di ogni ragazzo e ragazza, il loro “recovery plan”.

Francesco de Palma

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