Ricorre in questi giorni un anniversario importante. Cinquant’anni fa Martin Luther King pronunciò un discorso destinato a segnare la storia del Novecento: “I have a dream”. Era il 28 agosto 1963: al termine di una grande manifestazione per i diritti civili, di fronte al Lincoln Memorial, il leader afroamericano delineò un futuro possibile per un paese in cui gli odi razziali laceravano la convivenza civile.
Le sue parole non erano rivolto solo agli Stati Uniti ma, come ha osservato lo storico Agostino Giovagnoli, delineavano un sogno universale, toccando il tema dell’uguaglianza e del vivere insieme fra diversi in pace. Quelle parole non erano rivolte solo ai governanti, ma chiedevano a tutti di impegnarsi perché il sogno di un mondo migliore non rimanesse utopia.
Da allora molto è cambiato e l’elezione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti è un chiaro segno del percorso compiuto. Tuttavia, in tanti paesi i problemi evocati quel giorno a Washington sono ancora diffusi. Soprattutto, stentano a finire le discriminazioni verso chi è o sembra diverso. Gli spiacevoli episodi che hanno riguardato il ministro Kyenge lo dimostrano anche in Italia. Per questo le parole di Martin Luther King – che sognava fra l’altro di non vedere i suoi figli giudicati per il colore della pelle – continuano ad essere attuali e convincenti: sta a noi oggi trasformarle in realtà.
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