La poesia del cuore pensante
Esattamente 78 anni fa, il 24 settembre 1942, la giovane Hetty Hillesum scriveva nel suo diario:
Dammi un piccolo verso al giorno , mio Dio,
e se non potrò sempre scriverlo
perché non ci sarà più carta e perché mancherà la luce,
allora lo dirò piano, alla sera, al tuo gran cielo.
Ma dammi un piccolo verso di tanto in tanto.
E qualche giorno dopo:
In me non c’è un poeta, in me c’è un pezzetto di Dio che potrebbe farsi poesia.
In un campo deve pur esserci un poeta, che da poeta viva anche quella vita e la sappia cantare.
Di notte, mentre ero coricata nella mia cuccetta, circondata da donne e ragazze che russavano piano, o sognavano ad alta voce, o piangevano silenziosamente, o si giravano e rigiravano, donne e ragazze che dicevano così spesso durante il giorno “non vogliamo pensare”, “non vogliamo sentire, altrimenti diventiamo pazze”, a volte provavo un’infinita tenerezza, me ne stavo sveglia e lasciavo che mi passassero davanti gli avvenimenti, le fin troppe impressioni di un giorno fin troppo lungo e pensavo “Su, lasciatemi essere il cuore pensante di questa baracca”.
Ora voglio esserlo un’altra volta. Vorrei essere il cuore pensante di un intero campo di concentramento.
Tante cose ha scritto Hetty che meritano di essere lette e citate e tanto è stato scritto sul valore dei suoi diari e lettere che questa giovane donna riuscì ad affidare ad un’amica prima del viaggio senza ritorno ad Auschwitz, ma oggi voglio riproporvi solo queste sue poche righe, nell’anniversario in cui le ha scritte. Parlano di versi, di poesia, di ricerca della poesia, come qualche cosa di sacro.
Come ha scritto Luca Giordano su queste pagine “la poesia è uno degli ultimi spazi sacri…dona senso gratuitamente“. Ho letto queste righe allora come fossero un dono di Hetty che è giunto fino a noi. Parole e poesia che il male non ha saputo soffocare come invece ha facilmente fatto con la sua giovane e fragile vita. Vita che Hetty amava pervicacemente e della cui bellezza era grata, nonostante i tempi oscuri in cui si è trovata a vivere.
Parole donate che sgorgano da un “cuore pensante” come Hetty aspirava ad essere per gli altri. Pensiero e anima anche per chi aveva perso speranza e non voleva più pensare. Per questo credeva che la vita, quella personale, non andasse sprecata: “Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini” annotava. Per quell’umanità sofferente, ed è l’ultima frase con cui si chiude il suo diario, scriveva: “Si vorrebbe essere un balsamo per molte ferite”.
Nelle pagine del diario ho trovato amore per la vita e per la cultura, ricerca interiore, resilienza nutrita dalla fede, poesia. Una lettura che stimola a cercare e a trovare quel cuore pensante che, nel suo battere, sa amare, resistere al male, farsi dono per l’umanità.
Marco Peroni
Note:
- I brani sono tratti da: Etty Hillesum, Diario 1941 -1943, edizione Gli Adelphi , pag 215 e 230. Ci sono numerose altre edizioni e raccolte dei suoi scritti, fra cui alcune portano proprio il titolo “Un cuore pensante”.
- Il campo di concentramento di cui parla è quello di Westerbork , un campo di smistamento da cui partivano i treni per Auschwitz. Hetty aveva chiesto di partire volontariamente per aiutare nell’ospedale del campo. Da qui poté tornare ad Amsterdam più volte con uno speciale permesso di viaggio. In uno di questi periodi di licenza, quando ormai aveva chiaro che non avrebbe fatto più ritorno a casa, ebbe modo di affidare i suoi diari ad un’amica. Così i diari, la cui ultima parte è stata scritta proprio nel primo mese a Westerbork, sono arrivati fino a noi. Secondo un rapporto della Croce Rossa, Etty è morta ad Auschwitz il 30 novembre 1943, poco dopo esservi arrivata da Westerbork.
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