Categorie: FATTI

Eutanasia, il trionfo della volontà?

Il Senato belga ha approvato giovedì sera (50 voti contro 17) la proposta di legge che estende anche ai minori la depenalizzazione dell’eutanasia. Il testo adottato, che dovrà ora passare all’esame della Camera (dove comunque gli osservatori ritengono troverà più o meno la stessa larga maggioranza a sostenerlo), permette di dare la morte a chi ne faccia richiesta, a prescindere dall’età, a patto che genitori o tutori siano d’accordo, e se i medici valuteranno che le sofferenze fisiche dei giovani pazienti siano incurabili ed insopportabili. 

E’ doveroso riaffermare il proprio disagio di fronte alla “presa” di una mentalità che in nome della libertà e della volontà procede come un treno, incurante di legiferare sui confini della vita e della morte, su qualcosa che dovrebbe semmai spingere a un passo indietro, e non a un intervento a gamba tesa.
Tanto più – lo si è già avuto modo di scrivere – che la libertà e la volontà di cui ci si riempie la bocca sono riferite non a un uomo o a una donna maturi, bensì a un ragazzo spaventato o sofferente, a una ragazza che vede crollare il proprio mondo. Caricare sulle spalle dei più giovani il peso di una tremenda decisione su di sé non è che una scappatoia comoda e incivile sulla strada della deresponsabilizzazione degli adulti e dell’autoassoluzione della società.
Davanti al malato, e a un malato giovane e incerto, è come se la società dicesse non tanto: “Saremo comunque solidali con te, ti aiuteremo a vivere meglio e il più lungo possibile”. Bensì: “Rifletti bene. Sei proprio sicuro che vuoi vivere così?”. E’ come se la società suggerisse anche al minore – dopo averlo fatto con gli adulti – che tutto sommato la morte è meglio. Che la morte è la soluzione migliore, la soluzione di tutto.
La morte come nuova soluzione finale ….
Non possiamo dimenticare che l’eutanasia è stata una pratica nazista, né che i concetti di Recht auf den Tod, di ‘diritto alla morte’, o di lebensunwertes Leben, ‘vite indegne di essere vissute’ sono stati innalzati a norma di legge nella Germania di Hitler. Tali espressioni erano usate dai medici nazisti per giustificare l’eutanasia su vecchi, invalidi, handicappati.
Ma – si dirà – c’è un enorme differenza con quei tempi. L’eutanasia non è imposta, bensì liberamente accettata, anzi richiesta. E’ una scelta compiuta in assoluta libertà. E’ un gesto di autodeterminazione. E’ il trionfo della volontà.
Beh, siamo in presenza di un altro concetto nazista (cfr. i film di propaganda di Leni Riefenstahl) ….
Ma occorrerebbe cominciare a dire – questo punto si vorrebbe sviluppare rispetto all’articolo postato si questo stesso blog una decina di giorni fa – che la libertà non è mai assoluta, e, per converso, la volontà non è mai totalmente libera.
La possibilità legale di chiedere l’eutanasia rappresenta in ogni caso una forma di pressione psicologica, che può indurre nelle persone malate, specialmente nei più giovani, l’idea di essere un peso per gli altri.
Una nostra frase, magari pronunciata in un momento di sconforto, non può essere presa a specchio di una nostra “pura” volontà. Sappiamo tutti, davvero, cosa vogliamo? Sappiamo tutti, davvero, cosa non vogliamo? Fosse anche. Ma lo diciamo sinceramente? Alla prima lezione di psicologia di qualsiasi università del mondo si insegna che la verità non è così scontato che la si dica. Ognuno sa che la ragazza che, arrabbiata, dice al fidanzato ‘Non voglio più vederti!’ l’unica cosa che desidera è proprio che quell’imbecille torni da lei e le chieda scusa. No? E forse, allora, anche dire ‘Non ce la faccio più, voglio morire’ è una richiesta di qualcos’altro, di più affetto, non so, di maggiori premure, di essere lasciati meno soli.


Francesco De Palma

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