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I cento giorni dal rapimento delle studentesse nigeriane. Ma l’istruzione può salvare il mondo

Sono passati cento giorni, più di tre mesi, da quando il movimento terrorista Boko Haram ha rapito le studentesse di Chibok, in Nigeria. Cento giorni di attesa, di frustrazione, di rivolta. Cento giorni che si prolungheranno quasi certamente, mentre le notizie che filtrano sono poche e confuse, mentre la tensione che vive la Nigeria, la minaccia estremista, non accenna ad allentarsi.

Quel rapimento e il suo ricordo ci costringono a continuare a interessarci di quel grande e popoloso paese dell’Africa occidentale, a sperare e a lavorare perché le religioni possano vivere in pace, perché la tentazione della violenza possa arretrare ed essere sconfitta.
Al tempo stesso ci fa riflettere sul grande potere dell’istruzione, quel potere di cui Boko Haram ha un’immensa paura, tanto da fare dell’opposizione a quel vento che apre la mente e scuote i pensieri la propria bandiera.
Sì, come scrive una grande ragazza pakistana, Malala, anch’essa vittima dell’intimidazione e dell’oscurantismo, “gli estremisti avevano e hanno paura dell’istruzione, dei libri e delle penne. Hanno paura del potere dell’istruzione. Hanno paura delle donne. Il potere della voce delle donne li spaventa”. Sì, è proprio vero che “un bambino, un maestro, una penna e un libro possono fare la differenza e cambiare il mondo. L’istruzione è la sola soluzione ai mali del mondo. L’istruzione potrà salvare il mondo”.



Francesco De Palma

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