La scorsa settimana – ahimè
 per soli quattro giorni – alcune sale italiane hanno proiettato l’ultima straordinaria
 fatica cinematografica di Hayao Miyazaki, Si alza il vento, probabilmente – stando alle sue dichiarazioni – davvero l’ultima
 opera del grande autore giapponese.   I lavori di Miyazaki
 sono ormai affermati cult anche in Occidente,
 non solo tra i piccoli – o tra i grandi che da piccoli hanno seguito con
 assoluto trasporto alcune delle sue notissime animazioni, da Heidi a Lupin III.
  Il lettore italiano può ora
 leggere con interesse un bel libro sul fondatore dello Studio Ghibli,
 pubblicato per i tipi di Castelvecchi da Valeria Arnaldi: Hayao Miyazaki. Un mondo incantato, presentato lo scorso 12
 settembre a Roma presso l’Isola del Cinema.   Si tratta di un volume assai
 ricco e intrigante: vi si possono trovare fotografie tratte dagli album della famiglia
 Miyazaki, manga, disegni, le locandine
 dei film, screenshots e racconti
 personali, oltre ad omaggi di artisti e fan. Insomma, un grande affresco che
 illumina (anche per i cultori) il mondo personale ed artistico di quello che è
 stato definito “il Disney giapponese”.   È complesso ricostruire e
 decifrare le ragioni del successo internazionale di questo artista, che ha
 conquistato in Europa anche tanto pubblico adulto non avvezzo al cinema d’animazione.
 
  Chi si avventura nella
 lettura del libro, dopo aver gustato le pellicole di Miyazaki, può comprendere
 meglio molti dei motivi che hanno fatto appassionare così tante persone alle
 opere del maestro giapponese.
   Il che ci porta a ritenere
 che il linguaggio di Miyazaki, quello dei sentimenti (l’amore, la pace, il
 rispetto per l’ambiente, la lotta tra il bene e il male) e la sua narrazione
 immaginaria delle vicende dell’animo umano – dall’infanzia all’età adulta –
 sono linguaggio più universale (e trasversale) di quanto tanti difensori degli
 orgogli nazionali tentino di farci credere. 
 Paolo Sassi   
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