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I 50 anni della Lumen Gentium

Il Vaticano II, 21° concilio ecumenico della storia della Chiesa, si articolò in quattro sessioni, dal 1962 al 1965, sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI. Vescovi di tutto il mondo, fianco a fianco, per tre anni, si immersero in una riflessione approfondita e speranzosa, consapevoli di lavorare per “aggiornare” il volto della Chiesa. Il frutto di tale lavoro sarebbe

stato ricchissimo, quattro Costituzioni, tre Dichiarazioni e nove Decreti.

Un tema centrale fu quello della Chiesa. Di essa il Concilio volle approfondire la natura, comprendere meglio la missione, rivalutare la vocazione dei laici e la loro parte nella missione dell’intero popolo di Dio. Tra tutti i documenti conciliari il più importante fu proprio la Costituzione dogmatica Lumen Gentium (“Luce delle genti”, in latino), sulla Chiesa, dalla cui promulgazione sono passati esattamente 50 anni: era infatti il 21 novembre 1964. Il nucleo dell’insegnamento contenuto nel documento è che la Chiesa non è tanto una struttura, un’organizzazione, né è un corpo diviso fra chi comanda e chi obbedisce, ma è comunione, comunità, famiglia, popolo di Dio appunto. Un popolo fatto di preti, di religiosi e di laici, tutti uniti in un’unica discepolanza al Vangelo, tutti coinvolti nell’unica missione della comunicazione della Buona Novella al mondo, tutti comunque partecipi del sacerdozio, della profezia, della regalità di Cristo. Ai laici, in particolare, è ricordata la loro dignità di pietre vive nella costruzione ecclesiale (significativo, in questa prospettiva, fu anche il decreto Apostolicam Actuositatem, “L’attività apostolica”, sull’apostolato dei laici). Sempre nella Lumen Gentium si approfondì anche il ruolo e la natura dell’episcopato, in particolare la sua collegialità.
Il Concilio – è noto – mise in moto processi nuovi, liberò energie, sbloccò gli schemi chiusi in cui si muovevano i fedeli. Il segno forse più evidente di questo mutamento di clima fu il coinvolgimenti dei laici in una Chiesa più larga, in cui a tutti era chiesto di annunciare gaudium et spes al mondo, nei tanti angoli in cui c’era tristezza e disperazione. I laici iniziarono a sentirsi più Chiesa, iniziarono a vivere in prima persona l’impegno della comunicazione del Vangelo.
Quell’assise è stata una pietra miliare, una grande grazia per tutta intera la comunità ecclesiale, una bussola per orientarsi nel XXI secolo, tutti noi membri del popolo di Dio. Avrebbe scritto Giovanni Paolo II nel suo Testamento: “Stando sulla soglia del terzo millennio, desidero esprimere gratitudine allo Spirito Santo per il grande dono del Concilio Vaticano II, al quale insieme con l’intera Chiesa mi sento debitore. Sono convinto che ancora a lungo sarà dato alle nuove generazioni di attingere alle ricchezze che questo Concilio del XX secolo ci ha elargito”.

Francesco De Palma

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