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“Frontiere”. Una mostra di grande attualità, a Parigi

Il sogno di un mondo unito, senza frontiere, sembra quanto mai lontano. Di fronte alla crisi dei migranti e/o dei richiedenti asilo, di fronte alla minaccia terroristica, l’Europa sta rafforzando o addirittura chiudendo i propri confini, mettendo in discussione le sue stesse idee fondanti.

E’ in questo clima che è particolarmente suggestiva la visita della mostra aperta fino a fine maggio a Parigi, al Musée de l’histoire de l’immigration, periferia sud-est, ai margini del Bois de Vincennes, dal titolo “Frontières”.
Il Museo della storia dell’immigrazione, già Palais de la Porte Dorée, edificio costruito per essere sede dell’Esposizione Coloniale francese del 1931, protagonista di una trasformazione originale – e radicale – di funzioni e prospettive, sembra quanto mai adatto per riflettere su uno dei temi principali del nostro presente.
La mostra intende contribuire a “un’analisi della frontiera come luogo di polarizzazione delle questioni migratorie”, proponendo un tuffo tanto nella storia quanto nella geopolitica, e focalizzandosi in particolar modo sull’Europa e sul Mediterraneo.
Addentrandosi nei locali del Museo si nota come la frontiera torni in primo piano, ma al tempo stesso diventi più vaga, delocalizzandosi, parcellizzandosi, con nuovi posti di confine “interni” nei centri di raccolta o nei campi per rifugiati. Essa – la frontiera – genera forze contrapposte, interessate a renderla inespugnabile o insignificante, a presidiarla o a valicarla. Come dice lo storico Benjamin Stora, presidente del Museo, “superare le frontiere per sfuggire alla miseria e alla guerra, stabilire delle frontiere per delineare i contorni dello Stato-nazione, chiudere le frontiere per proteggersi dagli invasori, sognare un mondo più aperto di libera circolazione … mai come in questo inizio dil XXI secolo il ‘confine’ è stato a tal punto luogo di controversie, di speranze, di critiche. Una linea da raggiungere, rafforzare o distruggere”.
Oltre a proporre una riflessione di attualità, l’esposizione è ricca di oggetti e opere d’arte emblematici, di esempi e testimonianze. Bella quella di un giovane profugo afghano, Shahab Rassuli: “Quando ripenso al mio percorso mi dico che niente al mondo può bloccare chi vuole veramente superare una frontiera. O passa, o muore. È proprio necessario, allora, tracciare delle frontiere, quando si sa che delle persone senza alternativa le attraverseranno comunque? Le frontiere sono linee immaginarie. E migrare è nella natura degli esseri umani. In ogni migrante che parte c’è una persona che può costruire il futuro. Pensate se Albert Einstein non fosse mai emigrato negli Stati Uniti …”.

Francesco De Palma

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