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Carezze (e musica) per Bologna. L’inedita composizione di don Matteo Zuppi

I pennacchi sgargianti dei carabinieri, come quelli evocati nelle strofe di Bocca di rosa di Fabrizio de Andrè, hanno svolto sabato scorso a Bologna – per chi c’era – una importantissima funzione: quella di indicare alla folla straripante, che pigiava da ogni dove per vederlo e salutarlo, dove si trovasse esattamente il nuovo arcivescovo Matteo Zuppi, che pure di suo è piuttosto alto.
Ma a parte la suggestione canora evocata da quelle uniformi, don Matteo ha “composto” – in questi primi giorni nella sua nuova città – anche un inedito collage musicale: oltre ad aver letteralmente conquistato tutti con la sua simpatia evangelica, ha cominciato sabato con la bellissima incursione, proprio durante l’omelia inaugurale in san Petronio, nel repertorio di Lucio Dalla, bolognese, con il toccante riferimento ai poveri sulle panchine in piazza Grande, che hanno bisogno di una carezza, come ciascuno, e pure di pregare Dio.
In mattinata, riferiscone le cronache, aveva scherzato con alcuni ragazzi di Boccadirio: «Su, fate un canto, quello che vi piace di
più… Non ditemi Vasco Rossi, eh? Ma forse Vasco non lo conoscete,
piace di più a quelli della mia generazione».
Infine, ieri, il “ciclone” don Matteo – così lo ha definito un quotidiano – ha confessato di voler incontrare e conoscere un amato artista bolognese che porta il nome di
Francesco Guccini. «La
sua canzone che amo di più è Il pensionato – riferisce il Corriere di Bologna – . Sì forse è un po’ amara,
ma quanto è bella. Soprattutto un passaggio: “Non posso, non so dir
per niente se peggiore sia, a conti fatti, la sua solitudine o la mia”».
Chissà come sarà quest’incontro, tra il montanaro libertario (ormai canuto) di Pavana – che alla sua Bologna ha dedicato molti versi (dall’omonima canzone al titolo di uno dei sui album migliori, Via Paolo Fabbri 43) – e il novello arcivescovo da Roma, che sabato scorso ha citato i portici della sua nuova città come simbolo dell’accoglienza. Certo, anche queste sue “incursioni” poetico-musicali, sicuramente inedite, appartengono al nuovo inizio nel segno della simpatia che don Matteo, vescovo dei poveri e di papa Francesco, indubitabilmente ha portato con sé.

Paolo Sassi

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