Le vicissitudini dei migranti
dominano le prime pagine dei giornali, i tanti notiziari diffusi nel nostro
paese, le chiacchere da bar. Le tante notizie che si riversano sulle nostre
teste non sempre sono sinonimo di chiarezza, comprensione reale del problema.
Tutt’altro.
Tanta confusione e spaesamento regnano attorno a questioni sulle
quali si discute molto: l’aumento dei richiedenti asilo, i problemi di
criminalità, il contributo degli stranieri sull’economia, l’impatto della crisi
sulle migrazioni e quant’altro. Un pregevole e documentato volume di Stefano
Allievi e Gianpiero Della Zuanna, Tutto
quello che non vi hanno mai detto sull’emigrazione, viene in nostro aiuto
attraverso dati e analisi e puntuali. Con diverse sorprese. Come quella che nel
primo secolo di Unità nazionale (1861 – 1961), almeno 25 milioni di italiani
hanno lasciato il paese.
   Secondo la Fondazione Moressa nel
 2014 l’,8,8% del Pil dell’Italia è stato prodotto da cittadini stranieri (123
 miliardi di euro). Non solo, “sempre
 dagli stranieri provengono 16,6 miliardi di euro di entrate fiscali, mentre
 solo 13,5 miliardi di euro di uscite sono riconducibili agli stranieri con un
 saldo positivo (per gli italiani) di 3,1 miliardi di euro: infatti, poichè fra
 gli stranieri gli anziani e i pensionati sono una quota minima, la spesa loro
 dedicata per pensioni e sanità è molto contenuta”. 
  Gli autori sottolineano che la
 scuola è l’istituzione “che ha fatto di
 più e meglio per favorire percorsi di integrazione, di co-inclusione, di
 riconoscimento delle specificità culturali, di costruzione di percorsi
 interculturali reali” e quanto gli studenti non nati in Italia
 costituiscono un importante valore aggiunto per le politiche di integrazione, “non solo loro personali, ma anche per le
 loro famiglie”. Infatti, attraverso i figli in età scolare è stato
 possibile coinvolgere anche le madri in corsi di lingua e ad altre opportunità
 di socializzazione. Pertanto, l’integrazione sui banchi di scuola è decisamente
 importante e avrà effetti integratvi di lungo termine. In tal senso –
 sottolineano gli autori – acquista un forte rilievo l’approvazione della legge
 sulla cittadinanza ancora in discussione in Parlamento che prevede che la
 cittadinanza possa essere acquista da tutti coloro che hanno compiuto un ciclo
 scolastico nel nostro paese, “più e prima
 ancora che il compimento della maggiore età” .
  Gli stranieri delinquono più
 degli italiani? Tema assai strumentalizzato che merita considerazioni spesso
 sottaciute. Gli autori articolano lungamente la questione partendo dai reati
 commessi dagli stranieri e dal numero di essi in carcere. Ci limitiamo a
 fornire il dato relativo alle denunce elaborato del Ministero dell’Interno. Nel
 periodo 2004 – 2013 le denunce sono passate da circa 3,2 milioni a 3,5 milioni.
 Di esse la maggior parte sono contro ignoti. A differenza di quanto si potrebbe
 aspettare l’opinione pubblica, quelle contro gli italiani sono aumentate da
 513.618 a 657.443, mentre quelle contro gli stranieri sono passate da 255.304 a
 239.701, considerando che il 17% delle denunce a carico degli stranieri
 riguarda la normativa sul soggiorno.
 Di tanti altri dati (vedi quelli
 sulla tratta sessuale, sui rifugiati, sulle presenza islamica nel nostro paese)
 e considerazioni è composto il volume, oggettivamente difficile riassumerli in
 poche righe e pertanto si rinvia alla lettura del libro.
    Tuttavia, nell’orizzonte storico
 in cui ci collochiamo – caratterizzato da profonde trasformazioni che
 contemplano anche le crescenti mobilità umane  – non possiamo non far nostre le
 considerazioni conclusive degli autori: “c’è
 bisogno di sguardi fermi, di intelligenze vive, di principi solidi, e di
 fantasia: ma anche di ragionevole fiducia in processi sociali, economici e
 culturali che, più di quanto normalmente si pensi, autonomamente trovano
 soluzioni – diversificate secondo il contesto – ai problemi che la progressiva
 pluralizzazione delle nostre società sta ponendo”.
  
  Antonio Salvati
  
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