Si riportano alcuni passaggi del contributo che lo psicoanalista Massimo Recalcati ha scritto per la “Repubblica” di ieri.
“Non dovremmo essere troppo rapidi nel liquidare la spinta umana verso la preghiera. […] La preghiera, come del resto l’evento stesso della parola, è alla sua origine un’invocazione rivolta all’Altro. […] Ma non solo […].
È quel che racconta con delicatezza struggente il bel film di Alajandro Gòmez Monteverde titolato Little Boy (2015). Una storia ambientata in un paesino degli Stati Uniti. […] Il protagonista è un bambino di otto anni […]. Nel 1941 molti riservisti vengono richiamati alle armi, tra i quali il padre del bambino. Questo getta Little Boy nella disperazione. […] Incontra allora il parroco del paese che lo introduce alla preghiera […]. Dobbiamo immaginare Little Boy di fronte all’oceano, ogni giorno, con costanza e dedizione, tendere le proprie manine per rendere possibile il ritorno del padre. […]. Il figlio potrà così ritrovare il padre, sebbene traumatizzato dall’orrore della guerra. Cosa insegna la storia di Little Boy? […]. Essa è anche il gesto di chi non vuole rinunciare alla sconfitta e alla caduta. Una forma radicale di resistenza alla sventura. […] Little Boy ha imparato dal padre che la fede può spostare davvero le montagne, che non è una semplice superstizione, ma una forza che trasporta e dà senso alla vita”.
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