FATTI

16 ottobre 1943, una ferita che Roma non dimentica

Oggi a Roma si ricorda il tragico anniversario della deportazione degli ebrei, il 16 ottobre del 1943.
Nel suo recente libro sulla Prima Guerra mondiale, Emilio Gentile riflette sul fatto che – scomparsi oramai con il passare del tempo tutti i soldati che avevano combattuto nella Grande Guerra e annullata per sempre la possibilità di ascoltare la voce dei superstiti e la loro testimonianza – alla memoria fosse definitivamente subentrata la storia.

La marcia della memoria, Roma 2013.

Non è ancora così per la Shoah, ma per certi aspetti è un po’ il cruccio che affliggeva Primo Levi quando pensava al ritorno dell’antisemitismo ed a cosa sarebbe stato del ricordo di quella tragedia – col passare dei testimoni – per le generazioni future.
È anche per questo che è fondamentale che la città continui a celebrare la memoria di questo giorno, di quel “sabato nero” che rapì la vita di più di mille suoi cittadini: non c’è futuro senza memoria.
«La memoria del 16 ottobre – ha affermato Andrea Riccardi – è uno degli eventi maggiori della storia della nostra Roma contemporanea. A partire da questa memoria si costruisce un’idea di Roma e di solidarietà tra i romani. È la memoria di una ferita all’intera città, ma soprattutto alla Comunità ebraica perpetrata, come un ladro nella notte, dopo che si era provveduto a isolare quella Comunità

Mario Limentani, sopravvissuto alla deportazione,
scomparso lo scorso 28 settembre.


con le leggi razziste e con la politica fascista. A partire da quella memoria si afferma la volontà di un patto tra i romani per non dimenticare, per non isolare mai più nessuna comunità, per considerare la Comunità ebraica di questa città come uno dei luoghi decisivi per la nostra identità».
Sabato 18 ottobre, alle ore 19.00, la marcia silenziosa da Trastevere al Portico d’Ottavia, a ritroso lungo il percorso della deportazione: un appuntamento che da vent’anni la Comunità Ebraica di Roma e la Comunità di Sant’Egidio propongono a quanti vogliono compiere assieme questo “pellegrinaggio della memoria” e non dimenticare.

Paolo Sassi

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