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“J’accuse!”: le accuse, anche all’oggi, de “L’ufficiale e la spia”

E’ stato scritto che “pochi titoli giornalistici sono rimasti nella storia come il ‘J’accuse …!’ di Emile Zola”, che campeggiava a tutte colonne sulla prima pagina de “L’Aurore” il 13 gennaio 1898. 

E’ con lo stesso titolo che Polanski ha firmato il film che racconta l’affaire Dreyfus, uno scandalo giudiziario che rivelò la forza del pregiudizio antisemita nella Francia della Belle Epoque ed è divenuto l’esempio principe di come intellettuali e quarto potere possano incidere sulla vita di un paese e guarirne le storture.
La storia, per chi non la conosce: tra 1894 e 1895 l’ufficiale d’artiglieria dello stato maggiore francese Alfred Dreyfus viene accusato di aver diffuso informazioni riservate alla Germania e condannato all’ergastolo sull’Isola del Diavolo, in Guyana. Ma Dreyfus era innocente. Individuato come capro espiatorio per la sua appartenenza alla comunità ebraica, il processo era stato una farsa, e nessuna vera prova era stata prodotta in tribunale.
Il film vede l’affaire non dal punto di vista di Zola, bensì da quello di un ufficiale francese, nuovo capo del controspionaggio, Georges Picquart, che si accorge dell’errore giudiziario e, nonostante fosse anch’egli piuttosto antisemita, cerca in tutti i modi di spingere alla revisione del processo. Si scontra però con l’ottusa resistenza di chi non vuole ammettere l’errore e rivelare il grumo di pregiudizio che era stato alla base di esso, e ci vorranno anni, l’intervento di Zola e l’indignazione dell’opinione pubblica per giungere a una parziale composizione dell’ingiustizia perpetrata nella Parigi di fine Ottocento.
In diversi punti della pellicola, pur nella precisione della ricostruzione, colpisce l’attualità di quanto proiettato sullo schermo: il popolo sembra in preda a pulsioni di pancia, allora come oggi, nella scena della degradazione di Dreyfus, come poi durante il processo; l’assassinio dell’avvocato di Dreyfus stesso richiama l’omicidio di Jo Cox durante la campagna referendaria sulla Brexit, o quello del sindaco di Danzica; l’ex capo del controspionaggio, che dal suo capezzale inveisce contro gli stranieri, causa delle degenerazione della società, pronuncia parole che sentiamo ogni giorno da certi politici e commentatori televisivi. 
Dal film, al di là della sua perfezione formale, che ne contiene la drammaticità, si leva un pesante atto d’accusa ai nostri giorni, rei di essere molto più simili di quanto pensiamo a quelli di cent’anni fa. Con l’aggravante che non si vedono molti Zola all’orizzonte …

Francesco De Palma
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