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La strada del rabbino Toaff

Che strano compito, dare un nome alle vie in una grande città. A volte portano quello – casuale e poetico – degli alberi esotici, altre quello di un paese lontano; qualche volta ricordano una data da celebrare, talora il nome di una persona di riguardo, alla quale rendere omaggio. Anche se poi magari il tempo passa e quella memoria perde freschezza, fino quasi a scomparire. Ma questa volta il ricordo non ha dovuto vincere chissà quale oblio: infatti, la città di Roma ha deciso di dare un nuovo nome ad un piccolo tratto di strada, accanto al tempio ebraico, dedicandolo a quel grande uomo che è stato il rabbino capo Elio Toaff.

Una memoria “precoce”, che ha dovuto superare le regole nazionali e locali della toponomastica, le quali non consentono – se non in casi eccezionali – di intitolare a qualcuno una strada prima che siano trascorsi almeno dieci anni dalla sua scomparsa, secondo un’antica norma del 1927.
Elio Toaff ha meritato che per lui si facesse un’eccezione: ci ha lasciato il 19 aprile del 2015, alle soglie dei 100 anni, dopo un percorso per molti versi straordinario. Egli aveva già avuto, qualche anno fa, una originale memoria toponomastica nella città di Fondi; ma quella di Roma ha indubbiamente un valore tutto particolare.

È il primo rabbino ad avere in sorte l’intitolazione di una via della Capitale, dove invece – ovviamente – abbondano quelle dedicate a papi e cardinali. Eppure, anche gli ebrei – ha commentato nella cerimonia di ieri Riccardo Di Segni – 

«sono a Roma da più di duemila anni; di rabbini ce ne sono stati tanti e hanno tutti contribuito in modo significativo alla crescita e alla storia di questa città».

Toaff ha guidato la comunità di Roma per mezzo secolo: cinquant’anni di storia complessa, in una città che riprendeva un nuovo cammino dopo la cupa esperienza del fascismo, delle leggi razziste del 1938, della guerra, della razzia degli ebrei del 16 ottobre 1943 durante l’occupazione nazifascista.

La breve cerimonia di ieri, coi bambini della scuola ebraica e alcuni tra i compagni di viaggio della lunga vita di Rav Toaff, ha visto il rapido alternarsi degli oratori: la sindaca Virginia Raggi, la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, la presidente del municipio Sabrina Alfonsi, il Rabbino capo di Roma – e successore di Toaff  – Riccardo Di Segni, il fondatore della Comunità di sant’Egidio Andrea Riccardi, che ha ricevuto proprio pochi giorni fa il premio Moshe Rosen, destinato a chi si è distinto nella protezione delle comunità ebraiche, nell’impegno contro l’antisemitismo ed ogni forma di discriminazione; infine, il figlio primogenito, Ariel.
L’incontro con Giovanni Paolo II, nel 1986

Quello di ieri a Roma è forse il primo importante riconoscimento pubblico ad un uomo che ne avrebbe meritati di più: anche se – ha detto Andrea Riccardi – egli non lavorava per i riconoscimenti:

«Toaff aveva chiara fin da giovane la rotta della sua esistenza e ricordandolo – ha continuato Riccardi – mi tornano alla mente due espressioni: la prima è il coraggio. Il coraggio che gli ebrei romani conoscono; il coraggio nei momenti difficili; la capacità di rispondere, con il suo accento toscano; le poche parole per indicare la via. E poi la capacità di “tenere”, anche nei momenti in cui gli ebrei romani sono stati più soli e attaccati.
Però non era un uomo arrabbiato, perché accanto al coraggio c’era la simpatia umana, la simpatia di un uomo seducente, che conquistava le persone e che conquistava gli ambienti.
Io penso che abbiamo bisogno di gente così e ricordarlo qui non è ricordarlo in un luogo freddo, ma ricordarlo in questo quartiere che è un riferimento per la comunità ebraica.
Io penso che Elio Toaff, per i romani – almeno per i romani che vogliono una Roma fondata su un principio, su una dimensione umana – resterà per tutti un riferimento. Si è detto: l’uomo del dialogo. Ma […] direi piuttosto: l’uomo della simpatia umana per tutti. E voglio dire che dall’ebraismo italiano, dall’ebraismo di Livorno, dall’ebraismo di Roma, è venuto un grandissimo contributo al nostro vivere insieme. E noi siamo grati a Dio per avere ricevuto la benedizione della sua vita e del suo nome!»

La cerimonia di intitolazione
Non so dire quanti portalettere o corrieri – specie in tempi di posta elettronica ed acquisti online – dovranno recapitare la corrispondenza a qualcuno residente in questo nuovo, simbolico indirizzo: eppure, Elio Toaff ha tracciato una strada importante per noi romani, sulla quale converrà ripassare sovente.

Paolo Sassi

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