La strada del rabbino Toaff
Che strano compito, dare un nome alle vie in una grande città. A volte portano quello – casuale e poetico – degli alberi esotici, altre quello di un paese lontano; qualche volta ricordano una data da celebrare, talora il nome di una persona di riguardo, alla quale rendere omaggio. Anche se poi magari il tempo passa e quella memoria perde freschezza, fino quasi a scomparire. Ma questa volta il ricordo non ha dovuto vincere chissà quale oblio: infatti, la città di Roma ha deciso di dare un nuovo nome ad un piccolo tratto di strada, accanto al tempio ebraico, dedicandolo a quel grande uomo che è stato il rabbino capo Elio Toaff.
«sono a Roma da più di duemila anni; di rabbini ce ne sono stati tanti e hanno tutti contribuito in modo significativo alla crescita e alla storia di questa città».
Toaff ha guidato la comunità di Roma per mezzo secolo: cinquant’anni di storia complessa, in una città che riprendeva un nuovo cammino dopo la cupa esperienza del fascismo, delle leggi razziste del 1938, della guerra, della razzia degli ebrei del 16 ottobre 1943 durante l’occupazione nazifascista.
L’incontro con Giovanni Paolo II, nel 1986 |
Quello di ieri a Roma è forse il primo importante riconoscimento pubblico ad un uomo che ne avrebbe meritati di più: anche se – ha detto Andrea Riccardi – egli non lavorava per i riconoscimenti:
«Toaff aveva chiara fin da giovane la rotta della sua esistenza e ricordandolo – ha continuato Riccardi – mi tornano alla mente due espressioni: la prima è il coraggio. Il coraggio che gli ebrei romani conoscono; il coraggio nei momenti difficili; la capacità di rispondere, con il suo accento toscano; le poche parole per indicare la via. E poi la capacità di “tenere”, anche nei momenti in cui gli ebrei romani sono stati più soli e attaccati.
Però non era un uomo arrabbiato, perché accanto al coraggio c’era la simpatia umana, la simpatia di un uomo seducente, che conquistava le persone e che conquistava gli ambienti.
Io penso che abbiamo bisogno di gente così e ricordarlo qui non è ricordarlo in un luogo freddo, ma ricordarlo in questo quartiere che è un riferimento per la comunità ebraica.
Io penso che Elio Toaff, per i romani – almeno per i romani che vogliono una Roma fondata su un principio, su una dimensione umana – resterà per tutti un riferimento. Si è detto: l’uomo del dialogo. Ma […] direi piuttosto: l’uomo della simpatia umana per tutti. E voglio dire che dall’ebraismo italiano, dall’ebraismo di Livorno, dall’ebraismo di Roma, è venuto un grandissimo contributo al nostro vivere insieme. E noi siamo grati a Dio per avere ricevuto la benedizione della sua vita e del suo nome!»
La cerimonia di intitolazione |
Paolo Sassi
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