FATTI

I HAVE A DREAM

Esattamente cinquant’anni
fa, in un attentato nella città di Memphis, veniva ucciso il pastore protestante
Martin Luther King Jr., padre del movimento non violento per i diritti civili dei
neri e delle minoranza negli Stati Uniti d’America (ovvero in un paese in cui alla
gente di colore era vietato prendere gli stessi autobus dei bianchi).
Quello che ha sempre stupito
della sua azione sociale e politica, fu il fatto di essere totalmente non
violenta, anche in quei contesti in cui la violenza sembrava essere l’unica
soluzione. La sua “lotta” fu sempre pacifica e combattuta sulla dialettica
della ragione e sull’idea imprescindibile che tutti gli uomini sono nati uguali
e quindi godono degli stessi diritti. I suoi discorsi di pace e uguaglianza,
declamati su tantissime piazze americane sempre gremite di gente, non solo di colore,
furono fra i più famosi e belli di quegli anni, ma forse quello che fra tutti è
rimasto di più nei cuori e negli animi delle persone, fino ai gironi nostri, fu
il toccante discorso intitolato “I have
a dream!
[… Ho un sogno: che un
giorno questa nazione si sollevi e viva appieno il vero significato del suo
credo: “Riteniamo queste verità di per sé evidenti: che tutti gli uomini
sono stati creati uguali”…
] (cit.).
Il suo sogno non si
fermò neanche dopo la morte violenta avvenuta il 4 aprile del 1968 e da quel giorno tante furono le vittorie dei
movimenti per i diritti civili delle minoranze nate dalle idee di King. Prova che
le idee di pace sopravvivano nel tempo al di là di noi.
Ma oggi, cinquanta anni
dopo la morte di Martin Luther King, il razzismo è veramente finito?
Forse un tempo si è
sperato di si, ma purtroppo quello a cui stiamo assistendo oggi è un rigurgito
preoccupante di idee e movimenti razzisti e xenofobi, che con estrema violenza stanno
ritornando nella normalità della vita quotidiana. Ormai, a causa di tanti
discorsi populisti, fatti in prevalenza dalla nostra classe politica e
dirigenziale, si è arrivati a pensare che essere razzisti sia, in un certo
senso, un nostro diritto, un obbligo per difendersi dall’estraneo o peggio l’unica
soluzione al mondo post-globalizzato. Idee che ci fanno agire senza più
ritegno, andando anche oltre il buon senso e l’educazione, come nel caso di
quel signore di Forlì che salendo sull’autobus e vedendolo pieno di stranieri,
ha preteso che il conducente li facesse scendere tutti non prima di avergli
controllato i loro titoli di viaggio perché sicuramente, a detta sua, non erano
in regola (ovviamente tutti i passeggeri di colore erano in regola e l’autista
ha denunciato il signore di Forlì per interruzione di pubblico servizio). Questo
è sicuramente uno di quei casi che si possono definire limite, ma che sempre
più stanno diventando quotidiani nelle nostre città.
Allora anch’io, a cinquant’anni
dalla scomparsa di Martin Luther King, ho un sogno, che è lo stesso del
predicatore scomparso, «che i miei […]
figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno
giudicati per il colore della loro pelle, ma per ciò che la loro persona
contiene. Io ho un sogno oggi!
» (cit.).
Diego Romeo

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