Ponti di Pace
Attesa da tanti, è iniziata
ieri a Bologna la 32 edizione dell’Incontro di Dialogo e Preghiera per la Pace di Bologna, organizzata dalla
Comunità di Sant’Egidio insieme alla Diocesi di Bologna. Una nuova tappa dello
spirito d’Assisi significativamente intitolata “Ponti di Pace”. Com’è noto nel
1986 si tenne il primo incontro di preghiera delle grandi religioni del mondo promosso da Giovanni Paolo II e portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio.
ieri a Bologna la 32 edizione dell’Incontro di Dialogo e Preghiera per la Pace di Bologna, organizzata dalla
Comunità di Sant’Egidio insieme alla Diocesi di Bologna. Una nuova tappa dello
spirito d’Assisi significativamente intitolata “Ponti di Pace”. Com’è noto nel
1986 si tenne il primo incontro di preghiera delle grandi religioni del mondo promosso da Giovanni Paolo II e portato avanti dalla Comunità di Sant’Egidio.
Si è parlato da allora di “Spirito di Assisi” che ha in
questi decenni attraversato scenari diversi, dalla guerra fredda che sembrava
un destino eterno alla belle époque della globalizzazione che a tanti è parsa una
sorta di “provvidenza”; per arrivare ad oggi, quando ci siamo rassegnati troppo
alle distanze, ai linguaggi aggressivi, ai conflitti, considerando la guerra una
presenza ineliminabile della storia.
questi decenni attraversato scenari diversi, dalla guerra fredda che sembrava
un destino eterno alla belle époque della globalizzazione che a tanti è parsa una
sorta di “provvidenza”; per arrivare ad oggi, quando ci siamo rassegnati troppo
alle distanze, ai linguaggi aggressivi, ai conflitti, considerando la guerra una
presenza ineliminabile della storia.
Alla Fiera di Bologna, in uno scenario colorato e affollato,
ieri pomeriggio si è tenuta la Cerimonia di Inaugurazione dinanzi a “carovana
di uomini e donne di fede diverse”. “Noi
qui siamo “con” gli altri”, ha detto l’arcivescovo Zuppi nel suo saluto
iniziale ai partecipanti. “Il pericolo
non è stare “con” ma “senza” l’altro, quello che é. E’ una sfida, proprio come
quando si costruisce un ponte: all’inizio sembra impossibile e poi ci passiamo
sopra e non possiamo farne a meno! Insieme scrutiamo il presente e il futuro,
ma sempre ricordando “il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite
sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine” che allora e oggi si
presentano al nostro sguardo”.
ieri pomeriggio si è tenuta la Cerimonia di Inaugurazione dinanzi a “carovana
di uomini e donne di fede diverse”. “Noi
qui siamo “con” gli altri”, ha detto l’arcivescovo Zuppi nel suo saluto
iniziale ai partecipanti. “Il pericolo
non è stare “con” ma “senza” l’altro, quello che é. E’ una sfida, proprio come
quando si costruisce un ponte: all’inizio sembra impossibile e poi ci passiamo
sopra e non possiamo farne a meno! Insieme scrutiamo il presente e il futuro,
ma sempre ricordando “il sangue di milioni di uomini e innumerevoli e inaudite
sofferenze, inutili stragi e formidabili rovine” che allora e oggi si
presentano al nostro sguardo”.
Si potrebbe dire che
nel corso della Cerimonia i partecipanti e i tantissimi collegati via streaming
non hanno sofferto la mancanza di visioni che lamentò – come tanti ricordano –
Karol Wojtyla negli anni plumbei della vita polacca sotto il regime comunista,
quando la storia del suo paese sembrava priva prospettive di cambiamento. I diversi
interventi sono stati icone di speranza, progetti per il futuro in un clima di
dialogo e di amicizia. “L’inimicizia è
sempre diabolica – ha ricordato Zuppi – e
il seme della divisione, fosse solo nell’uso delle parole, è in maniera
inquietante fecondo e porta frutti di sofferenza per altri. Noi vogliamo
continuare a seminare l’incontro, la conoscenza, il seme dell’amicizia e del dialogo.
Dialogo non è una parola pericolosa o ingenua! È pericoloso piuttosto quando
non si parla! Sappiamo che non è facile, ma sappiamo che è l’unica via”.
nel corso della Cerimonia i partecipanti e i tantissimi collegati via streaming
non hanno sofferto la mancanza di visioni che lamentò – come tanti ricordano –
Karol Wojtyla negli anni plumbei della vita polacca sotto il regime comunista,
quando la storia del suo paese sembrava priva prospettive di cambiamento. I diversi
interventi sono stati icone di speranza, progetti per il futuro in un clima di
dialogo e di amicizia. “L’inimicizia è
sempre diabolica – ha ricordato Zuppi – e
il seme della divisione, fosse solo nell’uso delle parole, è in maniera
inquietante fecondo e porta frutti di sofferenza per altri. Noi vogliamo
continuare a seminare l’incontro, la conoscenza, il seme dell’amicizia e del dialogo.
Dialogo non è una parola pericolosa o ingenua! È pericoloso piuttosto quando
non si parla! Sappiamo che non è facile, ma sappiamo che è l’unica via”.
I saluti sono
proseguiti con Romano Prodi, ex Presidente della Commissione europea, e il
sindaco della città Virgilio Merola.
proseguiti con Romano Prodi, ex Presidente della Commissione europea, e il
sindaco della città Virgilio Merola.
Papa Francesco nel suo messaggio
ai partecipanti ha affermato: «Non
possiamo rassegnarci al demone della guerra, alla follia del terrorismo, alla
forza ingannevole delle armi che divorano la vita. Non possiamo lasciare –
aggiunge il Pontefice – che l’indifferenza si impadronisca degli uomini,
rendendoli complici del male, di quel male terribile che è la guerra, la cui
crudeltà è pagata soprattutto dai più poveri e dai più deboli. Non possiamo
sottrarci alla nostra responsabilità di credenti, chiamati, a maggior ragione
nell’odierno villaggio globale, ad avere a cuore il bene di tutti e a non
accontentarsi del proprio stare in pace».
ai partecipanti ha affermato: «Non
possiamo rassegnarci al demone della guerra, alla follia del terrorismo, alla
forza ingannevole delle armi che divorano la vita. Non possiamo lasciare –
aggiunge il Pontefice – che l’indifferenza si impadronisca degli uomini,
rendendoli complici del male, di quel male terribile che è la guerra, la cui
crudeltà è pagata soprattutto dai più poveri e dai più deboli. Non possiamo
sottrarci alla nostra responsabilità di credenti, chiamati, a maggior ragione
nell’odierno villaggio globale, ad avere a cuore il bene di tutti e a non
accontentarsi del proprio stare in pace».
Andrea Riccardi ha
sostenuto che “anche le religioni
rischiano di essere attratte in opere di fortificazione del proprio spazio e
dell’identità, preda di nazionalismi o antagonismi. L’autoreferenzialità delle
religioni, chiuse nei recinti, è il sonno dello spirito. Ciò avviene mentre
sono in crisi i progetti sull’unità o sulla comunità tra i popoli; si sono
attutite le tensioni unitive tra le comunità religiose. Si afferma la
prevalenza realista dell’io o del noi circoscritto”. Tuttavia, in questi
anni, “lo Spirito di Assisi,
controcorrente, ha puntualmente chiamato a incontrarsi, ha smascherato il
fanatismo, affermando che la guerra nel nome della religione è guerra alla
religione. Lo Spirito di Assisi chiama ad uscire dalle mura. E’ utile in questo
mondo bellicoso? In realtà gli scontri verbali pongono le premesse di
antagonismi reali; si caricano gli arsenali mentre si tengono discorsi
minacciosi. Non c’è egemonia che tenga insieme un mondo frammentario e
complesso. La governance mondiale è lontana”. Rievocando Germaine Tillion,
scampata dal lager nazista, ha aggiunto che occorre impegnarsi per un destino
comune nella diversità: “Tutti parenti,
tutti differenti”. Anche se, talvolta, “la
coscienza di comune umanità si perde nell’intrico degli odi e degli interessi,
nelle distanze, nelle tortuosità quotidiane, nelle propagande urlate, nei
fanatismi, nelle logiche dell’odio. Non si riconosce l’umanità dell’altro.
Risorgono disprezzi antichi appena riverniciati, come i nazionalismi che
sembravano sepolti o i discorsi sulla razza”.
In questo clima
cordiale, il Rabbino Capo di Francia ha sostenuto che “questo è il ponte più bello di tutti, il ponte tra due uomini (…)
Abbiate fiducia nell’altro. Dobbiamo osare e costruire ponti”.
sostenuto che “anche le religioni
rischiano di essere attratte in opere di fortificazione del proprio spazio e
dell’identità, preda di nazionalismi o antagonismi. L’autoreferenzialità delle
religioni, chiuse nei recinti, è il sonno dello spirito. Ciò avviene mentre
sono in crisi i progetti sull’unità o sulla comunità tra i popoli; si sono
attutite le tensioni unitive tra le comunità religiose. Si afferma la
prevalenza realista dell’io o del noi circoscritto”. Tuttavia, in questi
anni, “lo Spirito di Assisi,
controcorrente, ha puntualmente chiamato a incontrarsi, ha smascherato il
fanatismo, affermando che la guerra nel nome della religione è guerra alla
religione. Lo Spirito di Assisi chiama ad uscire dalle mura. E’ utile in questo
mondo bellicoso? In realtà gli scontri verbali pongono le premesse di
antagonismi reali; si caricano gli arsenali mentre si tengono discorsi
minacciosi. Non c’è egemonia che tenga insieme un mondo frammentario e
complesso. La governance mondiale è lontana”. Rievocando Germaine Tillion,
scampata dal lager nazista, ha aggiunto che occorre impegnarsi per un destino
comune nella diversità: “Tutti parenti,
tutti differenti”. Anche se, talvolta, “la
coscienza di comune umanità si perde nell’intrico degli odi e degli interessi,
nelle distanze, nelle tortuosità quotidiane, nelle propagande urlate, nei
fanatismi, nelle logiche dell’odio. Non si riconosce l’umanità dell’altro.
Risorgono disprezzi antichi appena riverniciati, come i nazionalismi che
sembravano sepolti o i discorsi sulla razza”.
In questo clima
cordiale, il Rabbino Capo di Francia ha sostenuto che “questo è il ponte più bello di tutti, il ponte tra due uomini (…)
Abbiate fiducia nell’altro. Dobbiamo osare e costruire ponti”.
Lo Shaykh di Al Azhar,
Ahmed Al Tayyeb, ha sottolineato l’importanza dell’amicizia cresciuta negli
anni con la Comunità – attraverso i tanti incontri di dialogo, in Italia,
Europa e Egitto – e quella con il “caro
fratello papa Francesco”. Un’amicizia personale che fa realizzare in modo
visibile la collaborazione tra le religioni che è un dono di Dio ed uno
strumento indispensabile per operare concretamente per il bene dei poveri e per
la riconciliazione e la pace nella società. Ha infine detto: “Tutti gli amanti della pace lavorino per
alleviare le sofferenze dei poveri e per illuminare le vie della pace davanti
alle future generazioni”.
Ahmed Al Tayyeb, ha sottolineato l’importanza dell’amicizia cresciuta negli
anni con la Comunità – attraverso i tanti incontri di dialogo, in Italia,
Europa e Egitto – e quella con il “caro
fratello papa Francesco”. Un’amicizia personale che fa realizzare in modo
visibile la collaborazione tra le religioni che è un dono di Dio ed uno
strumento indispensabile per operare concretamente per il bene dei poveri e per
la riconciliazione e la pace nella società. Ha infine detto: “Tutti gli amanti della pace lavorino per
alleviare le sofferenze dei poveri e per illuminare le vie della pace davanti
alle future generazioni”.
Il Patriarca siro
ortodosso di Antiochia e di Tutto l’Oriente, Ignatius Aphrem II, provenendo da
una terra da tanti anni martoriata dalla guerra si è chiesto: “Si possono
costruire ponti di pace?”. Ha ricordato che è responsabilità di ciascuno di noi
costruire ponti di pace. Ponti che colleghino tutti noi esseri umani insieme,
in un unico mondo. “Costruire ponti di
pace – ha aggiunto – “non è per noi
una scelta, ma una necessità e dobbiamo impegnarci in essa per il bene del nostro futuro insieme e per un
futuro sicuro del genere umano e del nostro mondo” (…) Noi crediamo che Dio
abbia creato il mondo perché sia in armonia e pace; gli uomini dovrebbero
essere promotori e costruttori di pace. Questo dovrebbe riflettersi nelle
nostre famiglie, società e nazioni e insieme, come una famiglia globale,
dovremmo lavorare a costruire ponti di pace e a riportare l’armonia nel nostro
mondo. Costruire ponti di pace dovrebbe essere un comune obiettivo per tutti
noi, per preparare un future migliore per le generazioni a venire. Lo abbiamo
imparato dalla nostra lunga esperienza nella storia – una storia vergognosa macchiata da guerre,
genocidi, pulizie etniche e religiose”.
ortodosso di Antiochia e di Tutto l’Oriente, Ignatius Aphrem II, provenendo da
una terra da tanti anni martoriata dalla guerra si è chiesto: “Si possono
costruire ponti di pace?”. Ha ricordato che è responsabilità di ciascuno di noi
costruire ponti di pace. Ponti che colleghino tutti noi esseri umani insieme,
in un unico mondo. “Costruire ponti di
pace – ha aggiunto – “non è per noi
una scelta, ma una necessità e dobbiamo impegnarci in essa per il bene del nostro futuro insieme e per un
futuro sicuro del genere umano e del nostro mondo” (…) Noi crediamo che Dio
abbia creato il mondo perché sia in armonia e pace; gli uomini dovrebbero
essere promotori e costruttori di pace. Questo dovrebbe riflettersi nelle
nostre famiglie, società e nazioni e insieme, come una famiglia globale,
dovremmo lavorare a costruire ponti di pace e a riportare l’armonia nel nostro
mondo. Costruire ponti di pace dovrebbe essere un comune obiettivo per tutti
noi, per preparare un future migliore per le generazioni a venire. Lo abbiamo
imparato dalla nostra lunga esperienza nella storia – una storia vergognosa macchiata da guerre,
genocidi, pulizie etniche e religiose”.
Infine, perle di
saggezza provenienti dall’India, da Sudheendra Kulkarni, indu, dell’Observer
Research Foundation: “l’uomo nell’epoca
moderna vive troppo nel mondo esteriore, e troppo poco nel suo mondo interiore.
La buona salute del mondo interiore dell’uomo è l’unica vera fonte della nostra
felicità. Il rumore del mondo esterno ha riempito quasi del tutto lo spazio
interiore dell’uomo, riducendo il tempo e l’energia per l’introspezione,
l’immaginazione, la meditazione, la cura e l’evoluzione di se stessi. Pertanto
abbiamo bisogno di re-imparare l’arte dimenticata di costruire ponti di pace
non solo tra comunità ed individui, ma anche tra la vita interiore e quella
esteriore dell’uomo, per la pace nel mondo e per la pace con noi stessi”.
saggezza provenienti dall’India, da Sudheendra Kulkarni, indu, dell’Observer
Research Foundation: “l’uomo nell’epoca
moderna vive troppo nel mondo esteriore, e troppo poco nel suo mondo interiore.
La buona salute del mondo interiore dell’uomo è l’unica vera fonte della nostra
felicità. Il rumore del mondo esterno ha riempito quasi del tutto lo spazio
interiore dell’uomo, riducendo il tempo e l’energia per l’introspezione,
l’immaginazione, la meditazione, la cura e l’evoluzione di se stessi. Pertanto
abbiamo bisogno di re-imparare l’arte dimenticata di costruire ponti di pace
non solo tra comunità ed individui, ma anche tra la vita interiore e quella
esteriore dell’uomo, per la pace nel mondo e per la pace con noi stessi”.
Tante parole importanti
per un sogno di un mondo migliore. Un mondo che spesso muore nel gelo della paura, sentimento troppo
diffuso. Il grande sogno della pace. Occorre far emergere dai cuori questo
sogno. Il sogno di tanti giovani, “che
oggi sono troppo spaventati e che un mondo di adulti spaventa troppo”, ricordava
Riccardi. Un sogno che germina dalla preghiera e diventa una fede: Dio non
abbandonerà il mondo al male della guerra.
per un sogno di un mondo migliore. Un mondo che spesso muore nel gelo della paura, sentimento troppo
diffuso. Il grande sogno della pace. Occorre far emergere dai cuori questo
sogno. Il sogno di tanti giovani, “che
oggi sono troppo spaventati e che un mondo di adulti spaventa troppo”, ricordava
Riccardi. Un sogno che germina dalla preghiera e diventa una fede: Dio non
abbandonerà il mondo al male della guerra.
Antonio Salvati
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