FATTI

Memoria del Novecento


La riflessione di questo giorno parte da lì, da Oświęcim, una cittadina polacca, luogo pressoché sconosciuto fino alla fine degli anni ’30, trasformata – fin nel nome – dal delirio nazista e infine assunta dalla coscienza contemporanea quale emblema del male e simbolo del genocidio.
Ad Auschwitz infatti, il 27 gennaio del 1945, esattamente 70 anni fa, entrarono i militari sovietici, scoprendo attoniti gli orrori di quel luogo e liberando il piccolo resto dei sopravvissuti alla sterminio, come ha descritto con magistrale ed inquieta precisione Primo Levi nelle prime pagine de La tregua.

La rampa ferroviaria di ingresso di Birkenau, gennaio 1945.

Sono dieci anni che la data di oggi è memoria collettiva della Shoah, per decisione delle Nazioni Unite, in coincidenza allora – nel 2005 – con il sessantesimo anno dalla liberazione di quel lager.
Il passare del tempo e la scomparsa degli ultimi testimoni rendono sempre più decisivo il percorso della memoria, ma anche della sua ri-comprensione: ha scritto oggi su Avvenire Marco Impagliazzo:

Non mancano interrogativi attorno a quest’anniversario, perché talvolta si ha l’impressione che le celebrazioni siano di circostanza, poco partecipate a livello popolare. […] Tuttavia, ricordare è un imperativo. È necessario far sì che il Giorno della Memoria […] ci interroghi anche sul presente e sulla realtà delle società europee. Infatti, l’antisemitismo, che fu l’anticamera dei lager, resta ancora oggi un problema europeo. […] L’Europa rischia di smarrire la strada della convivenza tra persone di fedi religiose, culture, tradizioni differenti […] Auschwitz, luogo che forse più di tutti ha visto manifestarsi la forza del male nella storia, sia occasione di una riflessione sull’Europa. La pluralità, elemento ineludibile delle società contemporanee, può evolvere nel conflitto o, al contrario, essere il fondamento di una civiltà del convivere.

Primo Levi.

È la storia degli ebrei di ieri e di oggi, ma anche dei tanti respinti dalle società europee senza cuore e senza memoria. Quelli tra noi che hanno attraversato da liberi in anni recenti il cancello terribile di Auschwitz rammentino – come ammoniva Primo Levi – quello che è stato: perchè i nostri nati non torcano il viso contro di noi [1] , ma anche perchè infine

il pellegrino possa entrare,
Gentile o ebreo:
Sotto i cenci si cela forse il profeta.
Entri e sieda con noi […]
Di noi ciascuno è stato schiavo in Egitto
Ha intriso di sudore paglia e argilla
Ed ha varcato il mare a piede asciutto:
Anche tu, straniero.
Quest’anno in paura e vergogna,
L’anno venturo in virtù e giustizia.[2]

Paolo Sassi

[1] P. Levi, Shemà, 10 gennaio 1946, in epigrafe a Se questo è un uomo, Torino 1958.
[2] P. Levi, Pasqua, 9 aprile 1982, in Ad ora incerta, Milano 1984.

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