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Il voto dei cattolici. Una speranza da Lampedusa

Il tanto atteso giorno delle
elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo è arrivato. Abbiamo votato e
abbiamo deciso. In Europa hanno decisamente vinto gli europeisti, con una massa
di consensi consistente. L’Europa sta un po’ meglio (l’Italia no), le forze
sovraniste non hanno la forza per ribaltare o modificare le regole dell’Unione.
Certo, l’hanno in parte scalfita. Infatti, i popolari e i socialisti non hanno più
la maggioranza nel Parlamento neoeletto e dovranno costruirne un’altra con i
liberali e, probabilmente, i verdi. Le grandi famiglie politiche filo UE devono
lavorare per individuare gli assetti che governeranno il continente. In attesa
della nomina della presidenza della Commissione, di quella del Parlamento, della
BCE, dell’Alto Rappresentante ed altre, analizziamo il voto italiano.
Tantissimi coloro che
hanno scelto di non andare alle urne, mai erano stati così tanti: il 43,9%.
Mentre in Europa hanno vinto gli europeisti, in Italia, invece, hanno prevalso
i sovranisti, con uno schieramento omogeneo: la Lega di Matteo Salvini e i
Fratelli d’Italia, infatti, valgono assieme il 41% dei consensi. Dunque,
chiaramente due verdetti opposti – chiara vittoria complessiva degli
europeisti, evidente vittoria sovranista in casa nostra – che dimostrano quanto
grande sia oggi la distanza tra Roma e Strasburgo-Bruxelles. Rispetto al voto
del 4 marzo 2018, considerati in termini assoluti i voti parlano chiaro (descrivendo
meglio di quelli in percentuali, comunque importanti): Lega: 34,3% – più 3
milioni e 483mila voti; Fratelli d’Italia: 6,5% – più 297mila voti; Forza
Italia: 8,8 – meno 2 milioni e 245mila voti; M5s: 17,1% – meno 6 milioni e
164mila voti; Pd: 22,7% – meno 111mila voti. Oltre al crollo dM5S, occorre aggiungere
quello di Casapound:
alle
ultime politiche aveva raccolto oltre 300mila voti, domenica alle europee meno
di 90mila.
Difficile tracciare gli
scenari futuri del nostro governo, soprattutto in seguito alla sfasatura
venutasi a creare tra i nuovi risultati europei e la composizione del
Parlamento italiano. E’ evidente che la maggioranza non può far finta di
niente. Vedremo.
Durante la campagna elettorale
si è parlato molto dell’utilizzo di simboli cristiani. Contestualmente sono
state riproposte riflessioni sul cosiddetto voto cattolico. Sono stati ostentati
rosari, si è invocato padre Pio, chieste benedizioni divine in vista delle
elezioni europee, esibito il vangelo come un talismano. Evidentemente queste
manifestazioni non hanno alcuna dimensione spirituale, l’uso e l’abuso dei
simboli è servito solo a trovare un legame con una parte dell’elettorato che
reagisce a questo tipo di messaggi pre-politici, non verbali. Del resto, è la
stessa religione delle forme e delle catenine d’oro da baciare che ostentano i
religiosissimi mafiosi o certi personaggi di Gomorra. C’è chi ha osservato che
i simboli cristiani sono un modo di leggere il mondo e d’interpretare
l’universo,  costituendo una sorta di chiave
di lettura o una porta di accesso che permette d’arrivare a comprendere il
significato più profondo dell’uomo e del mondo. Senz’altro è necessaria, da
parte dei cristiani più avvertiti, un’attenzione critica e preoccupata. Anche perché
tali simboli vengono spesso utilizzati come strumenti (o armi) identitari da
brandire contro le minacce esterne, un po’ come accade con le magliette e le
felpe delle squadre di calcio o degli ultras delle stesse. Niente tensione
verso la trascendenza e, in fondo, niente di nuovo. «Cos’altro manca per suscitare l’indignazione dei cattolici?
», scriveva non molti giorni fa l’autorevole
settimanale Famiglia Cristiana.
Non mi avventuro ad
analizzare le scelte dell’elettorato cattolico, cosa non facile. Certamente,
sono terminati da decenni i tempi in cui un vescovo, per quanto autorevole,
poteva spostare voti con un’affermazione. La dimensione religiosa, almeno
quella pubblica, è sempre più marginale in una società secolarizzata. Il trionfo
delle formazioni estreme e populiste ha rappresentato l’opzione meno gradita ai
vescovi, per quanto non avessero dato alcuna indicazione ufficiale. Il voto,
espresso nell’urna, ha certificato un netto scollamento tra la linea della
chiesa su questioni di primaria rilevanza – quali, ad esempio, l’immigrazione la riforma del
terzo settore – e le scelte dell’elettorato cattolico, che in misura non
irrilevante ha premiato proprio le ali estreme. Il cattolicesimo rimane un
riferimento forte per la maggior parte degli italiani, ma in pochi considerano
le “prescrizioni” della Chiesa vincolanti per i propri comportamenti. Solitamente
viene accettato senza problemi il suo intervento sulla vita pubblica, ma
respinto il tentativo di orientare il processo legislativo. E da anni, dal
punto di vista politico, si osserva un sensibile sbilanciamento “a
destra” dei cattolici praticanti.

Ma c’è un mondo di
associazioni cattoliche che mobilita ancora milioni di persone in Italia. E non
soltanto per difendere i privilegi della Chiesa o per aderire a quelle forme di
cristianesimo magico, tanto gradito da alcuni leaders politici. Penso allo
straordinario successo della candidatura del medico di Lampedusa Pietro Bartolo,
volto simbolo dell’accoglienza, In Sicilia è stato il più votato dopo il leader
della Lega. In Sicilia e da oggi in Europa resiste e si diffonde un’idea di
dignità e di impegno politico di cui essere orgogliosi.
«Il grande successo di Pietro Bartolo, candidato
nella ‘lista larga’ del Pd di Zingaretti in quota Democrazia Solidale-Demos,
risultato primo nel collegio delle Isole e tra i primi in quello dell’Italia
Centrale, è un messaggio chiaro: tanti italiani, nonostante l’avanzata della
Lega, credono in una proposta politica umana e solidale e cercano nuovi
interpreti che la incarnino
», ha sostenuto il coordinatore di DemocraziaSolidale-Demos Paolo Ciani.
Antonio Salvati

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