Italia, cattolici, politica. Dal governo Monti al futuro prossimo venturo
Nel dibattito sul ruolo dei cattolici italiani in questa fase della vita politica è intervenuto oggi Agostino Giovagnoli, con un denso ed interessante commento pubblicato a pagina 29 dal quotidiano la Repubblica, dal titolo “La sfida dei cattolici”.
Giovagnoli, professore di storia contemporanea all’Università cattolica di Milano, è uno dei più autorevoli studiosi della storia del cattolicesimo politico italiano; suo è – ad esempio – il volume Il partito italiano. La Democrazia cristiana dal 1942 al 1994, pubblicato nel 1996 dall’editore Laterza, in cui è ricostruita con grande suggestione la parabola della DC nel contesto identitario nazionale.
Il contributo odierno merita tuttavia una particolare segnalazione; esso infatti si inserisce nella riflessione sulla presenza del mondo cattolico italiano nell’agone politico con uno sguardo rivolto decisamente al futuro.
“La politica – e […] non ci può essere politica senza i partiti – può uscire dalla sua grave crisi solo rinsaldando i suoi rapporti con la cultura e la moralità, solo cioè se cerca di trasformarsi in guida sapiente e responsabile della collettività come nei momenti alti della storia unitari, da Cavour a De Gasperi. La questione – prosegue Giovagnoli – […] non riguarda solo i politici , ma investe tutta la società civile”.
Appare perciò del tutto errato il collegamento tra la presente stagione di impegno nel governo del Paese e certe suggestioni dell'”anti-politica”. Quanto accaduto invece con la formazione dell’esecutivo guidato da Mario Monti, senza resuscitare l’improbabile quanto impossibile rinascita della DC, dimostra che “i cattolici […] possono dare un contributo positivo inserendosi nelle trasformazioni in corso”.
Si tratta di una strada feconda per quanti “sentono l’urgenza di una politica rivolta verso il bene comune, capace di far rientrare rapidamente l’Italia dentro le dinamiche della globalizzazione […], una strada obbligata per il cattolicesimo italiano se vuole uscire dal rischio dell’afasia e dell’irrilevanza storica”.
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