FATTI

La stabilità in Centrafrica: una risorsa per l’intero continente

La Repubblica Centrafricana non è un paese povero. Ma, come accade per molti stati africani, la sua ricchezza di risorse rischia di divenire una condanna per la sua popolazione che è tra le più povere del pianeta.
Il paese si colloca in una faglia geopolitica delicatissima, al confine tra due delle crisi più antiche dell’Africa: quella della regione dei Grandi Laghi e quella del Darfur.
Al confine meridionale della Repubblica Centrafricana si combatte da anni e, tra l’altro, sembra che nell’enorme area forestale tra Sud Sudan, Congo RDC e Centrafrica, abbia trovato rifugio la brutale guerriglia dell’LRA che di frequente compie incursioni in territorio centrafricano.
A Nord, il Centrafrica confina con il vasto territorio del Darfur che oramai, dopo dieci anni di conflitto, è divenuto in larga parte una terra di nessuno e che minaccia di esportare la sua instabilità endemica.
Molti dei ribelli che hanno condotto il colpo di stato dello scorso marzo provenivano proprio da Ciad e Sudan.
In un contesto geopolitico così delicato il Centrafrica è stato spesso vittima di mali che provenivano dall’esterno. Oggi, grazie all’iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, esso può tornare ad essere artefice del proprio futuro ed a costruire una via di stabilità che, potenzialmente, potrà influenzare positivamente tutta la regione.
Per alcuni giorni si sono riuniti a Roma rappresentanti delle istituzioni transitorie e della società civile del Paese per gettare le basi di un “Patto repubblicano” che dovrà essere sottoscritto dalle massime autorità della transizione. 
Si tratta di una novità assoluta per il piccolo stato situato nel cuore dell’Africa – poco meno di 5 milioni di abitanti – soprattutto perché nasce da una iniziativa delle forze migliori della società civile che si impegnano – con un atto di inedito protagonismo – a costruire il futuro. Riconoscono, come è scritto nel patto, che la vera ricchezza del Centrafrica è il suo popolo.
Da segnalare anche la presenza, all’interno della delegazione che si è incontrata a Sant’Egidio, di rappresentanti di tutte le confessioni religiose presenti nel Paese. Nella crisi in atto gli elementi religiosi non sono secondari ed alcuni sono arrivati a denunciare tentativi di islamizzazione di un paese che è, oggi, in larga parte cristiano. Il “Patto” siglato a Roma parla di uno stato laico e della collaborazione di tutte le comunità religiose alla ricerca del bene comune.
La Repubblica Centrafricana
La cerimonia in cui Bokassa si autoproclama imperatore
La Repubblica
Centrafricana ha vissuto in un clima di instabilità politica sin dalla sua
indipendenza dalla Francia nel 1960 ed è uno dei paesi meno sviluppati del
mondo.
Il Paese ha subito numerosi
colpi di stato a partire da quello che portò al potere Jean-Bedel Bokassa che è
rimasto per molti anni alla guida del paese e che si auto-proclamò imperatore
con il nome di Bokassa I.
Il suo regime brutale è
terminato nel 1979 in seguito ad un colpo di stato guidato da David Dacko.
Dopo appena due anni di
mandato Dacko è stato rovesciato da Andre Kolingba, che ha convocato le prime
elezioni presidenziali multipartitiche.
Il successore di Kolingba
è stato Ange-Felix Patasse, che durante la sua presidenza ha visto l’instabilità
interna aumentare fino a rendere necessario l’invio di una forza multinazionale .
Il presidente Patassè è
stato rovesciato da un colpo di stato nel 2003 in seguito al quale si è recato
in esilio in Togo e che ha fatto salire al potere il presidente Bozizè.
Tra il 2008 ed il 2012 il
Paese sembrava avviato verso una fase di relativa stabilità fino alla creazione
della Seleka, una coalizione di gruppi ribelli che ha preso il potere con un
ulteriore colpo di Sato nel marzo 2013.
Oggi il paese è governato
da istituzioni di transizione che lo dovrebbero guidare ad elezioni libere
entro il prossimo anno e mezzo.

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