Un testamento in musica sulla Grande Guerra
Ha
destato una certa curiosità la citazione che papa Francesco ha fatto
– in esergo ad un libro che deve ancora essere pubblicato in
italiano – della canzone alpina conosciuta come Il testamento
del capitano.
Ne
ha parlato per primo – con toni lirici e affascinati – Claudio
Magris sul Corriere
della sera
del 20 agosto scorso («I
fiori dell’alpino per il papa»), l’ha ripresa Agostino
Giovagnoli su Europa
(«Papa
Francesco a Redipuglia, una visita fuori dagli schemi»)
in occasione della memorabile visita di settembre ai due cimiteri di
guerra.
ha parlato per primo – con toni lirici e affascinati – Claudio
Magris sul Corriere
della sera
del 20 agosto scorso («I
fiori dell’alpino per il papa»), l’ha ripresa Agostino
Giovagnoli su Europa
(«Papa
Francesco a Redipuglia, una visita fuori dagli schemi»)
in occasione della memorabile visita di settembre ai due cimiteri di
guerra.
Oltre
ai tanti motivi che hanno spinto Bergoglio a citare la canzone in
apertura di un testo
di spiritualità ignaziana, alcuni si sono soffermati a
riflettere sulla profondità dei legami familiari e culturali del
papa argentino con le vicende italiane ed europee, questa volta
connesse ai fatti della Grande Guerra.
ai tanti motivi che hanno spinto Bergoglio a citare la canzone in
apertura di un testo
di spiritualità ignaziana, alcuni si sono soffermati a
riflettere sulla profondità dei legami familiari e culturali del
papa argentino con le vicende italiane ed europee, questa volta
connesse ai fatti della Grande Guerra.
Di
questa canzone – assieme ad alcuni altri brani noti ed altri del
tutto nuovi – è possibile ora ascoltare una originale
interpretazione nel CD di Massimo
Bubola. Il disco, dall’omonimo titolo, è uscito lo scorso maggio; è stato oggetto di un bel documentario per Rai Storia e viene ora presentato in concerto dall’autore in giro per l’Italia.
questa canzone – assieme ad alcuni altri brani noti ed altri del
tutto nuovi – è possibile ora ascoltare una originale
interpretazione nel CD di Massimo
Bubola. Il disco, dall’omonimo titolo, è uscito lo scorso maggio; è stato oggetto di un bel documentario per Rai Storia e viene ora presentato in concerto dall’autore in giro per l’Italia.
Massimo
Bubola è un artista importante eppure non così noto al grande
pubblico della musica italiana: alcuni lo ricorderanno probabilmente
per la sua collaborazione con Fabrizio de Andrè, con il quale ha
firmato ben due album (Rimini
e
L’Indiano);
oppure per essere l’autore de «Il cielo d’Irlanda», grande
successo di Fiorella Mannoia. Questa volta, invece, in occasione del
centesimo anniversario del conflitto ’14-’18, ecco un intero
lavoro quasi tutto dedicato al ricordo di quella “inutile strage”.
Bubola è un artista importante eppure non così noto al grande
pubblico della musica italiana: alcuni lo ricorderanno probabilmente
per la sua collaborazione con Fabrizio de Andrè, con il quale ha
firmato ben due album (Rimini
e
L’Indiano);
oppure per essere l’autore de «Il cielo d’Irlanda», grande
successo di Fiorella Mannoia. Questa volta, invece, in occasione del
centesimo anniversario del conflitto ’14-’18, ecco un intero
lavoro quasi tutto dedicato al ricordo di quella “inutile strage”.
«Molti
di questi brani – racconta Bubola – li conoscevo fin dalla più
tenera età, sono stati il mio primo approccio con la canzone, li
cantavo con mio nonno, con mio padre, coi miei zii. Tante volte mi è
stato chiesto perché, negli anni, avessi io stesso scritto tante
canzoni sulla guerra e in particolare sulla Prima
Guerra Mondiale;
riflettendo ho capito che mi è rimasto dentro una sorta
di imprinting a
partire da queste esperienze infantili, da questo primo approccio
alla musica».
di questi brani – racconta Bubola – li conoscevo fin dalla più
tenera età, sono stati il mio primo approccio con la canzone, li
cantavo con mio nonno, con mio padre, coi miei zii. Tante volte mi è
stato chiesto perché, negli anni, avessi io stesso scritto tante
canzoni sulla guerra e in particolare sulla Prima
Guerra Mondiale;
riflettendo ho capito che mi è rimasto dentro una sorta
di imprinting a
partire da queste esperienze infantili, da questo primo approccio
alla musica».
«Questa
musica – ha poi dichiarato in una intervista
– offre anche una chiave di lettura delle vicende attuali della
nostra vita e del nostro paese ed un senso della storia che ci ha
preceduto. Una storia che vorrebbe, anche tramite le canzoni, essere
più condivisa e riconosciuta, come un percorso di dolore e di
dignità che è ancora una pianta dalle radici vive e dalle
sconfinate fronde alla cui ombra possiamo ripararci e riconoscere
ancora il panorama umano del nostro travagliato paese».
musica – ha poi dichiarato in una intervista
– offre anche una chiave di lettura delle vicende attuali della
nostra vita e del nostro paese ed un senso della storia che ci ha
preceduto. Una storia che vorrebbe, anche tramite le canzoni, essere
più condivisa e riconosciuta, come un percorso di dolore e di
dignità che è ancora una pianta dalle radici vive e dalle
sconfinate fronde alla cui ombra possiamo ripararci e riconoscere
ancora il panorama umano del nostro travagliato paese».
Anche
questo può essere un modo per ricordare – nell’anniversario della Grande
Guerra – la tragedia che è ogni guerra e i sentimenti umani di
fratellanza e compassione che pure sono scaturiti (con sensibilità
popolare, eppure poetica, anche nelle canzoni) dalle tante vite
intrecciate alla follia bellica.
Paolo Sassi
questo può essere un modo per ricordare – nell’anniversario della Grande
Guerra – la tragedia che è ogni guerra e i sentimenti umani di
fratellanza e compassione che pure sono scaturiti (con sensibilità
popolare, eppure poetica, anche nelle canzoni) dalle tante vite
intrecciate alla follia bellica.
Paolo Sassi
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