Aldo Moro, tragedia irrisolta

Col trascorrere del tempo, molti hanno creduto che i diversi lati oscuri di quella vicenda sarebbero stati definitivamente disvelati. Tuttavia, così non è avvenuto.
Sono stati celebrati ormai cinque processi, senza contare il lavoro delle commissioni parlamentari, che per molti anni si sono sforzate di approdare a qualche conclusione e da ultimo – sotto la presidenza di Giuseppe Fioroni, in questa legislatura – stanno tentando di collocare le frammentarie novità intervenute su quei drammatici avvenimenti.
Nel frattempo, la letteratura sul caso Moro si è fatta per molti versi sterminata e difficilmente dominabile: dalle prime riflessioni suggestive e letterarie di Leonardo Sciascia – L’affaire Moro – a quelle più complottistiche di Sergio Flamigni, da La tela del ragno in poi; dalla lettura storico-politica di Miguel Gotor – che ha studiato le lettere ed il memoriale della prigionia – fino alla memorialistica più o meno improbabile degli stessi brigatisti, che hanno tuttavia più taciuto che svelato. Per non parlare della filmografia, dal primo Il caso Moro del 1986 a Buongiorno notte del 2003, per non citare che i principali.

Sembra difficile, tuttavia, come ha osservato Andrea Riccardi sul Corriere della sera, che «queste testimonianze [siano] in grado di illuminare le zone d’ombra di quei giorni drammatici. È invece il compito alla ricerca storica».
Al di là della dialettica tra luci ed ombre, mi sembra infatti purtroppo evidente come molte difficoltà del presente politico del nostro paese scaturiscano anche dalla mancata comprensione della cesura che l’assassinio di Moro ha generato nella storia politica nazionale: come osservava Giovagnoli,
«[n]ella generazione di Moro era ancora diffusa la fiducia nella possibilità di conciliare valori morali e scelte politiche, spinte ideali e valutazioni realistiche, nella convinzione di un orientamento complessivamente positivo della storia verso un futuro migliore […] A distanza, la sua traumatica scomparsa sembra aver anticipato il tramonto di un modo di intendere la nazione, di praticare la politica e di guardare il mondo».
Paolo Sassi
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