FATTI

Un ricordo di Zygmunt…

L’ultima volta che vidi Zygmunt Baumann fu nello scorso settembre ad Assisi. Erano i giorni dell’Incontro Internazionale “Sete di Pace – Religioni e Culture in dialogo“, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio.

Rimasi colpito dalla sua freschezza e dalla sua vitalità.
Nonostante il fisico un po’ fiaccato dagli anni, la sua mente non presentava nessun segno di cedimento.
Il suo sguardo era vivacissimo e curioso; sembrava voler catturare ogni immagine che vedeva attorno a sè.
Ogni tanto si fermava a riprendere fiato appoggiandosi alle secolari pareti di pietra tipiche della cittadina umbra.
Quando lo incontravano i tanti ragazzi presenti all’evento lo salutavano gioiosi, quasi fosse una rockstar e lui divertito non si sottareva alle richieste dei “selfies” (come quello con la ragazza nella foto).
Lui volle partecipare all’incontro di Assisi perchè sentiva molto il valore decisivo del dialogo. Era, per lui, la “luce in fondo al tunnel”, di questo tempo buio e conflittuale. Un tempo in cui si continua ad appellarsi ad un “noi” in contrapposizione ad un “loro”, pur sapendo che ciò non ha più senso; perchè in questa società globalizzata, siamo tutti connessi e tutti dipendenti, gli uni dagli altri. 
Oggi infatti, “noi”, non siamo più giustificati ad esistere, come poteva accadere negli albori della storia umana,  nella misura in cui ci contrapponiamo ad un presunto “loro”, cercando di ribadire la nostra identità dominante. E’ illusorio pensare di gestire le sfide della società globale e cosmopolita con i mezzi sviluppati dai nostri antenati. Bisogna trovare soluzioni nuove per affrontare le sfide del futuro e il dialogo è la più rivoluzionaria di queste.
Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione della tre giorni di Assisi disse:
“Dialogo, una parola che non dovremo mai stancarci di ripetere. C’è bisogno di promuovere una cultura del dialogo, in ogni modo possibile e ricostruire così il tessuto della società. Dobbiamo considerare gli altri, gli stranieri quelli che appartengono a culture diverse, persone degne di essere ascoltate. La pace potrà essere raggiunta solo se daremo ai nostri figli le armi del dialogo, se insegneremo a lottare per l’incontro, per il negoziato, così daremo loro una cultura per creare una strategia per la vita, una strategia volta all’inclusione e non all’esclusione”.
E assieme alla cultura del dialogo, va sviluppato anche un pensiero nuovo sull’economia, rimettendo al centro l’uomo e non il profitto:
“Dobbiamo capire che l’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è pura carità, ma un obbligo morale. Se vogliamo ripensare le nostre società, dobbiamo creare posti di lavoro dignitosi e ben pagati soprattutto per i nostri giovani, dobbiamo passare dall’economia liquida, che usa la corruzione  come un modo per trarre profitto, verso una soluzione che possa garantire l’accesso alla terra attraverso il lavoro. Il lavoro è il modo attraverso cui possiamo rimodellare la nostra convivenza condividendo i frutti della terra, i frutti del lavoro umano”.
Dialogo e centralità della persona umana sono nel pensiero di Papa Francesco verso cui Baumann sentiva una grande sintonia:
“Papa Francesco sostiene che la cultura del dialogo deve essere parte integrante dell’educazione e dell’istruzione che forniamo nelle nostre scuole, in modo interdisciplinare, per dare ai nostri giovani gli strumenti necessari per risolvere i conflitti in modo diverso da come siamo abituati a fare. Tutto questo non è facile ed è un processo di lunghissimo termine. È un modo diverso da quello seguito dalla politica. Acquisire la cultura del dialogo non comporta una ricetta facile, una scorciatoia. Tutto il contrario. Un proverbio cinese dice: Dobbiamo pensare all’anno prossimo piantando semi, ai prossimi dieci anni piantando alberi, ai prossimi cento anni educando le persone. L’educazione è un processo a lunghissimo termine. La creazione di un mondo pacifico non è come prepararsi una tazzina di caffè, è ben più complicato. Abbiamo bisogno più di ogni altra cosa, se vogliamo seguire i consigli di Papa Francesco, di sviluppare qualità difficili in questo mondo: la pazienza, la coerenza, la pianificazione a lungo termine. Parlo di una vera e propria rivoluzione culturale, che deve esser l’esatto opposto rispetto al mondo in cui le persone invecchiano e muoiono prima ancora di essere nate. Pazienza, quindi: dobbiamo concentrarci sugli obiettivi a lungo termine, sulla luce in fondo al tunnel, a prescindere da quanto possa essere lontana al momento in cui la osserviamo”.
Rileggendo queste parole oggi, sono sempre più convinto che nei giorni di Assisi Zygmunt Baumann, che sentiva di non aver più molto tempo davanti a sè, come un vecchio patriarca del mondo ebraico dal quale traeva le sue origini, volle consegnare a noi (e soprattutto aille nuove generazioni) il suo testamento spirituale.
Se ne va un grande uomo che ci ha aiutato a comprendere il mondo dove stiamo vivendo.
Ci restano però le sue parole.
E’ nostro compito, quello di noi uomini e donne di mezza età, cercare di trasmettere a chi è più giovane il senso profondo di esse. Perchè la rivoluzione culturale che Zygmunt auspicava (la stessa che auspica Papa Francesco) abbia corso e il mondo esca da questo tunnel di guerre, conflitti e contrapposizioni.

Francesco Casarelli 
 

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