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Le due Americhe

La narrazione dominante nel dibattito post-elettorale che sta seguendo le recenti elezioni in USA (che hanno visto la vittoria di Biden ma anche il consolidamento del successo di Trump), è quella che afferma l’esistenza di due Americhe. Due mondi incomunicabili tra loro, che si confrontano e si scontrano, cercando di prevalere l’uno sull’altro, senza esclusione di colpi. L’unica caratteristica che li accomuna è che ognuno di questi due mondi pensa di essere la “vera” America e di incarnarne lo spirito più profondo.
E’ un’analisi che può apparire semplicistica ma trova una sua ragion d’essere nelle caratteristiche di guerra “tribale” che le ultime elezioni USA hanno mostrato nelle dirette televisive seguite in tutto il mondo.
Joe Biden e Donald Trump, sono i simboli nei quali si identificano i membri di queste queste due tribù in lotta tra loro.
E’ indicativa in tal senso la descrizione che Scott Turow fa di questi due mondi nelle colonne della “Lettura” (l’inserto culturale del Corriere della Sera), uscito il 23 novembre 2020.
Lo scrittore di Chicago, parla di “America Uno”, quella pro-Biden, formata dalla coalizione degli abitanti delle grandi città cosmopolite e multirazziali, professionisti, sindacalisti, membri della società civile, in gran parte con istruzione universitaria, in particolare donne a cui si aggiungono i membri della minoranza afro-americana, tornata alla ribalta attraverso il movimento “Black Lives Matter”. E’ un’America, multirazziale, colta, benestante, giovane e aperta alla mondialità. E’ un’America che vede nella diversità una ricchezza e che crede nei valori progressisti di libertà, uguaglianza e solidarietà.
All’America Uno, si contrapporrebbe “l’Altra America” Trumpiana, quella invece formata da cittadini prevalentemente bianchi, che vivono in zone rurali, con poche interazioni con gli afroamericani e gli immigrati (anzi spesso ostili nei loro confronti), con un basso livello di istruzione, nostalgica di un passato visto come “mitico”, difensori accaniti del loro diritto a possedere le armi, attratti da un cristianesimo identitario fondamentalista, soprattutto riguardo al discorso relativo ai temi etici come la famiglia e la difesa della vita alla nascita (ma favorevoli alla pena di morte).
Queste due tribù americane sono identificabili anche nei segni esteriori che appaiono sul territorio. E’ nota la diceria che sia possibile indovinare l’esito dei voti per Biden o Trump in un distretto congressuale, vedendo se in esso ci siano più “Whole Foods” (la catena di supermercati di proprietà “Amazon” che vende rigorosamente alimenti biologici) o “Crackers Barrels” (la catena di ristoranti che servono cucina campagnola, tra cui il pollo fritto, uno degli alimenti più vietati dai cardiologi). E’ facile dedurre che più Whole Foods identifichino un territorio pro-Biden e più Crackers Barrels un territorio pro-Trump.
Da qui derivano anche due opposte ed inconciliabili concezioni sugli stili di vita e il rapporto con la salute e l’ambiente. Mentre per i membri dell’America Uno è fondamentale (e quasi maniacale) l’attenzione alla corretta alimentazione e al consumo etico, come fonte di benessere psico-fisico per noi e per quelli che ci circondano, per quelli dell’Altra America, le regole in questo ambito sono incomprensibili limitazioni alla libertà individuale di cui non se ne comprende il significato. Ciò si è visto anche nel corso dell’attuale pandemia, dalle differenti reazioni riguardo le regole della mascherina e del distanziamento fisico imposte dai virologi (i sostenitori di Biden sono ovviamente per il rigoroso rispetto di tali norme di sicurezza, mentre quelli di Trump sono per un approccio basato sulla libertà di scelta anche quando ciò potrebbe apparire irresponsabile).
La frattura che divide queste due Americhe ha radici profonde e si spiega in larga parte con il processo di marginalizzazione di cui i membri dell’Altra America si sentono vittime. Trump ha ben incarnato il disagio di questa America periferica che si è vista progressivamente tagliata fuori dal circuito di chi ha beneficiato dell’andamento dei flussi dell’economia globalizzata degli ultimi decenni. La disparità di reddito e l’insicurezza economica hanno fatto sì che crescesse una larga parte di popolazione che odia i membri privilegiati dell’America uno e, al tempo stesso, si sente odiata e disprezzata da loro.
In Trump, gli Altri Americani, vedono un anticonformista, uno che dice quel che pensa, una personalità piena di vigore anche se se esprime in maniera brutale. Si identificano con il suo sentirsi defraudato e non si preoccupano degli eventuali danni che potrebbe fare alla democrazia, la quale viene concepita come un sistema corrotto.
La percezione di insicurezza (soprattutto economica) comporta un atteggiamento ostile nei confronti dei neri e degli immigrati, perché percepiti come quelli che si prendono il loro lavoro e minano i loro stipendi.
Anche l’atteggiamento verso i mass-media è fortemente ostile, perché tutte le principali televisioni, le testate giornalistiche, i social media più importanti, vengono visti come controllati dall’America Uno e quindi non veritieri. Per questo motivo nell’Altra America, ha molto successo la comunicazione informale perché è sentita come più affidabile, anche quando ci si trova di fronte a palesi “fake news”.
Ma il disprezzo di cui si sentono vittime i membri dell’Altra America, non è una loro paranoia, molto spesso è reale. Spesso i pregiudizi a cui segue un atteggiamento di superiorità intellettuale nei loro confronti, esistono e sono ben radicati in molti membri dell’America Uno. Costoro infatti, rifiutando di comprendere le motivazioni del disagio che coinvolge milioni di loro concittadini, si limitano a prendere le distanze da loro, liquidandoli come “bifolchi fanatici, violenti e razzisti” capaci di seguire ciecamente il loro idolo Trump, anche se, per assurdo, decidesse di organizzare un colpo di stato per mantenere il suo posto alla Casa Bianca.
Per ragioni di completezza, al consenso di cui gode ancora lo sconfitto, ma non disarcionato, Trump, vanno aggiunti gli apporti di alcuni gruppi di interesse, come la “National Rifle Association”, la potente lobby che fa capo all’industria delle armi, mentre, ad esempio, in Florida sono state determinanti sia la lobby cubana schierata a destra perché ostile alle politiche dei Democratici perché, ai loro occhi, di stampo “socialista” , sia quella che raccoglie i voti dei ricchi pensionati che risiedono in quello Stato che, pur non condividendo totalmente il linguaggio e i metodi trumpiani, guardano con favore alla sua spregiudicata politica economica che ha fatto lievitare i loro già cospicui fondi-pensione. Il vincitore Biden ha invece potuto contare sull’appoggio di alcuni dei nomi più importanti delle multinazionali presenti sul mercato globale come quelli della Silicon Valley o dell’industria cinematografica di Hollywood.
Quello che accade in America ha delle importanti ricadute nel resto del mondo, per questo il dibattito che segue ogni elezione USA può essere un’importante chiave di lettura per interpretare e comprendere l’andamento delle società occidentali.
Lo schema delle due Americhe che si confrontano, fatte salve le dovute differenze dovute alla diversità dei contesti, è riproponibile anche nelle nostre società Europee.
La frattura tra il mondo delle grandi città, quello delle periferie delle stesse e quello dei piccoli centri delle province è palpabile anche da noi.
I messaggi populisti e sovranisti trovano alimento e radici proprio in queste fratture e il rischio più grande che corrono le nostre democrazie è nella mancata ricomposizione delle stesse.
E’ urgente una nuova politica capace di riconciliare le divisioni delle nostre società ascoltando il disagio dei mondi periferici, senza però abdicare ai valori più profondi della civiltà e della democrazia.

Francesco Casarelli

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