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Libro delle mie brame. I giovani italiani e la lettura

Da anni si discute – specialmente in ambito scolastico ed universitario – della scarsa disposizione degli italiani nei confronti della lettura. Un fenomeno non solo italiano. In Europa una persona su cinque ha difficoltà di lettura (OCSE PISA 2012). E’ un dato ormai acquisito da anni e, disgraziatamente, non solo tra la popolazione adulta, ma anche tra i più giovani. Il rapporto dei giovani con la lettura è una questione centrale nel dibattito contemporaneo sulle scienze dell’educazione. Esso è stato oggetto di un interessante seminario, Libro delle mie brame,  svoltosi lo scorso 13 dicembre presso l’Università degli studi di Roma Tre, promosso da Proteo Fare Sapere e dal Dipartimento di Scienze della Formazione – Università Roma Tre. Impossibile riassumere in poche battute gli importanti contributi degli esperti intervenuti, tutti accumunati dalla consapevolezza dei danni irreversibili che l’abbandono dei tempi e degli spazi caratteristici della lettura tradizionale provocherebbero nelle nuove generazioni.
Molti adulti ricordano ancora gli innumerevoli sforzi compiuti da tanti maestri e insegnanti nel corso degli ultimi decenni del secolo scorso per dotare ogni scuola di una biblioteca. Sembra un tempo assai remoto, in cui eravamo condotti per mano alla lettura di molti classici, da Piccole Donne ai libri di Salgari, fino ai grandi libri di geografia pieni di illustrazioni. Nelle case degli italiani, anche in quelle più disagiate, erano immancabili le enciclopedie. Oggi, si stima che nel 10 % delle abitazioni delle famiglie italiane non è presente neanche un libro. Unanimemente gli esperti ritengono una semplificazione e una banalizzazione del problema mettere spesso sul banco degli imputati le nuove forme di comunicazione culturale tipiche dell’era digitale.
In realtà, parlare oggi del rapporto tra infanzia-adolescenza e lettura-letteratura chiama in causa questioni molto complesse. Ieri come oggi, la famiglia e la scuola possono svolgere un ruolo determinante. Narrare e leggere ai e con i bambini sono azioni che richiamano l’adulto ad un senso di responsabilità inedito. E’ stato giustamente osservato che offrire l’opportunità della lettura di un buon testo rimane forse il dono più grande che un adulto possa fare a chi comincia ad affacciarsi alla vita. Per questo gli adulti sono chiamati a formazione e consapevolezze nuove. La famiglia ha una forte influenza sui figli e sulla loro motivazione di lettura. Del resto, la lettura ha successo se include situazioni riconducibili alla vita quotidiana, in altri termini ad ambienti extrascolastici. I bambini che crescono in case con più libri sviluppano migliori conoscenze. Significativamente diceva Gianni Rodari: “Non si nasce con l’istinto della lettura, come si nasce con quello di mangiare e bere. Si tratta di un bisogno culturale che può essere solo innestato nella personalità infantile. Operazione quanto mai delicata, perché il solo paragone che sopporta è quello con l’innesto di un nuovo senso: il senso del libro”(Il cane di Magonza).
Numerosi studi di neuroscienze attestano che leggere non è naturale. La lettura è una “forzatura” per il cervello umano. La lettura – spiegano gli esperti – non è un processo di tipo tecnico e passivo, ma include condivisione ed emozione. Un’attività che, tuttavia, una volta appresa modifica la struttura stessa della mente, aumentando le facoltà del pensiero, nell’immaginazione e nella comprensione della realtà circostante. La lettura è certamente un’attività trasversale a tutti i saperi. Leggere è per i bambini e per gli adolescenti un esercizio difficile e faticoso. La lettura di libro provoca spesso frustrazione quando si è dinanzi a un testo i cui codici e contenuti appaiono rispettivamente indecifrabili e irraggiungibili. Anche il numero delle pagine è fonte di scoramento.
Come amante della lettura e insegnante di scuola superiore, ho più volte sperimentato le difficoltà summenzionate. Sono oggettivamente assai pochi gli studenti che manifestano un’autentica passione per la lettura, malgrado i miei ripetuti incoraggiamenti. Quando li incontri te ne innamori. Come abbiamo appreso da bambini, le storie possono essere la chiave di volta del problema. Da piccoli quante volte abbiamo apprezzato belle storie che con l’immaginazione ci portavano verso mondi lontani e vicini, suscitandoci emozioni e curiosità. Man mano che si cresce le difficoltà per certi versi aumentano, se l’esperienza della lettura durante l’infanzia non è stata gratificante ed emozionante. Anzi, il libro inizia a provocare una sorta di avversione. Del resto, la lettura migliora se si fissano i giusti obiettivi fin dall’infanzia. Pertanto, chiedere ai miei allievi la lettura almeno di due libri nel corso dell’anno scolastico, diventa un’impresa ardua. Io credo che occorre valorizzare la lettura per diletto. Questo mi ha condotto anche ad condividere le scelte di lettura dei ragazzi, talvolta decisamente discutibili. Purché leggessero. Ho verificato che la lettura per diletto, la buona letteratura possono insegnare molto. Aiutare, ad esempio, a comprendere la storia, disciplina che non ha più il fascino che esercitava su altre generazioni di studenti. E può aiutare a dare un orientamento. E, infine, a restituire alla letteratura quella funzione sovversiva che ha rappresentato uno strumento di emancipazione per tante donne. Come insegna la vicenda della giovane pakistana Malala, vincitrice del Premio Nobel della Pace nel 2014, che ha trasformato la propria vita grazie alla sua fame spasmodica di lettura e di libri.

Antonio Salvati

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