FATTI

Nell’indifferenza del mondo, Aleppo muore: facciamoci sentire!

Andrea Riccardi alza di nuovo la voce per Aleppo, mentre la città vive ancora ore drammatiche e la sua popolazione soffre enormemente e invita a dire di fornte alal storia: “Io non ci sto con la morte di Aleppo!”

Il secondo decennio del XXI secolo è marcato dalla follia della guerra siriana e della distruzione di Aleppo. Tante volte abbiamo denunciato il dramma di questa città assediata dal 2012, e ridotta allo stremo. Una nuova Sarajevo. E ben più grande! Abbiamo lanciato un appello, Save Aleppo, per una tregua che avrebbe potuto salvare tante vite umane, risparmiare dolori, non distruggere un prezioso tessuto urbano e tanti monumenti. Non c’è stato interesse da parte delle forze in campo e degli Stati coinvolti: non contava salvare Aleppo, ma affermare le proprie posizioni. Chi vincerà sarà il macabro padrone delle rovine. Tutti avranno un immenso conto da pagare con la storia. Non si è voluto salvare Aleppo, città simbolo: il luogo della tolleranza.
Ben 300 mila cristiani su una popolazione di 1.900.000 abitanti, in gran parte musulmani sunniti, ma anche drusi, ismaeliti e alawiti. Accanto alla grande moschea omayyadde c’erano le chiese dei vari riti. Era anche una città aperta al futuro, la più dinamica della Siria. Tutto questo non c’è più. Resta una tenace voglia di sopravvivere di quanti sono restati, ma tutti – a partire dai bambini – sono segnati dall’esperienza dell’orrore e della morte. Tanti hanno abbandonato la città. Altri hanno resistito. I quartieri est, controllati dai ribelli, sono ormai accerchiati. Manca tutto: dal cibo alle medicine. L’attacco dei soldati governativi, appoggiati da iraniani e hezbollah con la copertura dell’aviazione russa, probabilmente riuscirà a vincere la resistenza in breve. Il passaggio dalla presidenza Obama a quella di Trump è un vuoto politico in cui è più facile sferrare l’offensiva con poche pressioni internazionali. Intanto la gente è allo stremo. Anche nella parte controllata dai governativi ci sono state tante sofferenze e distruzioni. Per mesi, un amico aleppino mi telefonava dalla zona governativa (dove pure la vita è stata molto dura) dicendomi: «Siamo indifesi, perché i ribelli non entrano?». Gli aleppini, ostaggi di due assedi contrastanti in un gioco confuso e crudele, hanno troppo sofferto. Per i governativi il problema è conquistare tutta Aleppo presto. Salvare gli aleppini è una perdita di tempo?  Bisogna far sentire subito la pressione internazionale sui combattenti per fermare i massacri. Follia e radicalismo spesso s’incrociano nelle scelte e nei comportamenti dei combattenti. I molti morti hanno abituato all’uso della violenza senza limite. Se le diplomazie sono addormentate, non dovranno la gente, le opinioni pubbliche, gli uomini e le donne di coscienza far sentire la propria voce? È necessario dire davanti alla storia: io non ci sto con la morte di Aleppo!

Questo nuovo appello di Andrea Riccardi è affidato – come il primo, nel luglio 2014 – alle pagine di Famiglia Cristiana

Marco Peroni
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