FATTI

Festival del Cinema di Venezia. Gli equilibristi. Un film sui nuovi poveri.

Il regista Ivano De Matteo porta al Festival del Cinema di Venezia, nella sezione «Orizzonti», il film Gli equilibristi con Valerio Mastandrea e Barbora Bobulova. De Matteo: «Ho scoperto com’è facile diventare un nuovo povero» e racconto «gli equilibristi» della busta paga. «In una vita basta un soffio di vento e “improvvisamente due più due non fa più quattro”. Una frase che mi è stata detta durante la lavorazione del film e mi ha accompagnato fino all’ultimo ciak». L’addizione che non funziona più è il paradigma del fenomeno delle nuove povertà, per cui basta poco per varcare la soglia del disagio e ritrovarsi privati del necessario. E si può cominciare a dormire in macchina e mangiare alle mense, come quella della Comunità di Sant’Egidio dove sono state girate alcune scene del film.
De Matteo (che ha scritto il film con la moglie Valentina Ferlan, autrice del soggetto) racconta la storia di Giulio, un quarantenne (Valerio Mastandrea) dalla vita apparentemente tranquilla. Una casa in affitto, un posto fisso, un’auto acquistata a rate, una figlia ribelle ma simpatica e un bimbo dolce e sognatore, una moglie che ama (Barbara Bobulova) e che tradisce. Scoperto il tradimento tutto crolla e i 1.100 euro mensili da dipendente comunale improvvisamente diventano insufficienti:  due affitti, doppie bollette diventa difficile permettersi una casa e anche poter mangiare. Giulio è un uomo buono. Ed è anche un padre onesto e non vuole che i figli paghino i suoi errori. La mensilità lui non la vuole saltare e non vuole che sua figlia rinunci al primo viaggio e suo figlio alla bici nuova. Allora si fa in due, in tre, in quattro. Non dorme più e vive per trovare denaro, denaro che non basta mai. Quest’uomo, che fino a ieri era forte, sicuro, ora è in bilico, in equilibrio. E’ la storia di molti separati, ma dice il regista De Matteo: «Noi abbiamo scelto la storia di un separato. Ma è un puro pretesto narrativo proprio per dare spazio, cito dati Istat, a quell’ira per cento di italiani considerati “relativamente poveri” col loro basso reddito e al 5 per cento definito “povero”. La cosiddetta “nuova povertà” italiana si può manifestare per mille motivi: la perdita improvvisa del lavoro, la separazione, la morte del coniuge con cui mettevi insieme una cifra decente, una malattia, l’invecchiamento con una pensione sempre più misera».
Particolare la scelta di collocare nel film l’esperienza della mensa dei poveri della Comunità di Sant’Egidio con l’aiuto dell’ex parroco di Santa Maria in Trastevere, monsignor Matteo Zuppi, oggi diventato vescovo ausiliario di Roma per il centro storico. Per la prima volta la Comunità di Sant’Egidio «debutta» a Venezia e monsignor Zuppi ne è contento: «Un film può avere il grande vantaggio di immergerti in una realtà che può sembrarti assurda, inverosimile, comunque lontana da te. Invece il disagio sociale generale, frutto della crisi, ha acuito le vecchie povertà e ne ha create di nuove proprio nelle fasce sociali finora rimaste al riparo. Una storia così, al Festival di Venezia, potrà stimolare una maggiore consapevolezza. Se comunque dovessi indicare un settore particolarmente colpito dalla nuova povertà, citerei gli anziani. Alla debolezza si aggiunge la marginalità». Ed è proprio accanto agli anziani, sui tavoli della mensa della Comunità di Sant’Egidio, che si ritroverà il protagonista del film. In quelle sequenze non appaiono comparse ma i romani che davvero frequentano la mensa e hanno accettato di farsi riprendere, loro che conoscono bene, con altri nuovi poveri, cosa significhi veder svanire la tranquillità e il benessere lasciando spazio alla fame. Racconta De Matteo: «Alla mensa ho davvero incontrato un mio vecchio amico, un tecnico del cinema senza lavoro da tempo. L’abbiamo aiutato con la troupe…». La sceneggiatrice e soggettista Valentina Ferlan sottolinea l’aspetto più significativo del carattere del protagonista: « la sua onestà. Preferisce andare alla mensa, dormire in macchina pur di non privare la sua famiglia del necessario. È un uomo per bene ed è terribile dover constatare come l’attenzione e il riguardo, in certe circostanze, costino prezzi altissimi».

Marco Peroni
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