FATTI

Immigrazione. Sbarchi a Catania, in moto la macchina degli aiuti

CATANIA. Sono passate quasi due settimane dal tragico sbarco in cui hanno perso la vita sei migranti  provenienti  dall’Egitto e dalla Siria. Uno sbarco inaspettato che ha colto molti di sorpresa e che ha dato il via a un’altra serie di sbarchi. Da subito la Prefettura si è attiva attraverso i canali istituzionali, così come la Croce Rossa Italiana, gli uomini e le donne della Comunità di Sant’Egidio e alcune delle realtà legate al mondo dell’immigrazione catanesi. Tutti sono stati impegnati nelle operazioni di accoglienza dei cento disperati sbarcati a Catania. Un lavoro lungo, difficile che ha visto impegnati i presenti nelle operazioni di accoglienza e nel tentativo di ricostruire il difficile viaggio che siriani ed egiziani e pochissimi somali hanno dovuto affrontare. Una giornata complicata iniziata al “Lido Verde”  litorale Playa della città Etnea con le urla dei migranti arrivati a destinazione. Urla avvertite dal proprietario del lido che, avvistati i primi migranti sulla battigia, ha subito riferito dello sbarco alle forze dell’ordine.
La giornata è poi continuata al porto con i  volontari della Comunità di Sant’Egidio, della C.R.I., delll’UNHCR. Tra visite mediche, soccorsi iniziali e gli aiuti prestati per la fornitura dei generi di prima necessità è andata avanti la giornata apertasi con la tragica morte dei sei giovani.
Sono proprio le morti a segnare la giornata dello sbarco e quelle a seguire. Infatti, il proprietario del Lido teatro dello sbarco ha deciso la chiusura dell’attività balneare in rispetto dei morti, e il Comune di Catania, con il Sindaco Enzo Bianco, mostrando lungimiranza e senso di umanità, ha decretato il lutto cittadino e preso carico dei funerali e del rimpatrio delle salme.
Emergono così tante storie e tanti racconti grazie anche ad alcuni traduttori dei Giovani per la Pace della Comunità di Sant’Egidio,accorsi dopo aver appreso dello sbarco. I giovani volontari raccontano di ragazzini egiziani – tanti, ed è il primo dato impressionante di questo primo sbarco – confusi che chiedevano dove si trovassero e che fine avessero fatto i loro amici. Uno di loro, con le lacrime agli occhi, racconta di esser partito con due suoi amici e di non averli più visti. Un altro chiede quanto disti Roma, volendola raggiungere per iniziare subito a sostenere la famiglia in Egitto. Molti di loro chiedevano di poter chiamare per dare a casa la notizia del loro arrivo.
Tutte storie segnate dal dramma della violenza e della guerra. C’erano, infatti, anche i siriani; più complicato con loro il lavoro di accoglienza, volendo questi ultimi raggiungere gli stati dell’Europa settentrionale.
Tante storie tragiche, come quella di una una donna anziana, siriana, costretta ad abbandonare il suo paese col figlio, e quella di un ingegnere palestinese, ormai siriano e rifugiato da una vita, costretto a dover abbandonare i sacrifici di una vita per sfuggire alla violenza: “Assad ci spara addosso e ci sta uccidendo…”, queste le sue parole.
Ma come detto gli sbarchi sono continuati e ancora la macchina istituzionale e quella del volontariato etneo si sono ritrovati insieme a gestire i nuovi arrivi. Significativa la gara di solidarietà, con i “Giovani per la Pace” della Comunità di Sant’Egidio che sui social network hanno dato il via ad una campagna di raccolta di indumenti e generi alimentari.
Il livello di attenzione è ancora alto e a Catania, tra le difficoltà del caso, si parla e si riflette su quella che sembra ormai essere una nuova rotta degli sbarchi. Intanto nella città alle pendici dell’Etna non ci si ferma e si continua a lavorare per offrire accoglienza e dignità a chi raggiunge le nostre coste in cerca di speranza.

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