FATTI

Belli, visti dagli altri. L’Italia secondo i corrispondenti esteri

Per capire veramente chi siamo abbiamo sempre bisogno dello sguardo di un altro, specialmente se siamo stati abituati – per troppo tempo – a piangerci un po’ addosso ed a commiserarci. 
Così, fa piacere vedere che – senza per forza compiacere – qualcuno ci apprezza, un altro ci stima, un altro ancora ci ammira per un tratto insospettato eppure poco conosciuto del nostro carattere.

Maarten van Aalderen

È quello che accade leggendo un curioso libro, da qualche giorno in circolazione, curato da Maarten van Aalderen, corrispondente da Roma per il quotidiano olandese De Telegraaf nonché presidente – per quattro volte – della associazione dei corrispondenti stranieri in Italia: Il bello dell’Italia. Il Belpaese visto dai corrispondenti della stampa estera. 

C’è stato invero un precedente – che io ricordi – all’iniziativa di van Aalderen (a parte la rubrica che il settimanale Internazionale pubblica sotto il titolo di “italieni”, con articoli ed opinioni dagli altri paesi del mondo sulle vicende di casa nostra): il volume che il giornalista Mariano Sabatini ha pubblicato nel 2011, centenario dell’Unità, con il titolo L’Italia s’è mesta. Ma quel ritratto – diverso nel tempo e nello spirito, oltre che nel titolo – raccoglieva opinioni espresse ad un connazionale, mentre qui siamo di fronte quasi a confidenze amichevoli ad un compagno di ventura su di noi italiani, la nostra cultura, la storia e la politica, la geografia e il cibo, l’arte e la lingua.
Ha intervistato 25 colleghe e colleghi (tredici donne e dodici uomini: altro che par condicio!) dai quattro angoli del pianeta, e sarebbero stati forse di più, se qualcuno non avesse rifiutato di aderire al suo progetto,
«sostenendo che in Italia non funziona niente. Non condivido affatto – scrive van Aalderen – questo pessimismo. Anzi, sono convinto che chi non vede nulla di buono nell’Italia deve cambiare occhiali, oppure Paese. Di autolesionismo distruttivo ne ho visto fin troppo».

Il libro, 152 pagine, si legge con molta curiosità, ed è scritto in buon italiano (addolcito con stile da Elisabetta, moglie dell’autore, per evitare un linguaggio altrimenti troppo “nordico”, confessa van Aalderen). Non si può sempre prevedere facilmente quale sia il tratto più apprezzato da una giovane corrispondente romena (Mihaela Iordace), da una più matura giornalista argentina (Elena Llorente) od infine dalla sua collega israeliana (Sivan Kotler): così la sorpresa si affianca alla conferma.
L’autore ha scelto, per la copertina di questo libro, l’opera di un artista europeo di origini polacche che ha soggiornato a lungo in Italia: Igor Mitoraj, da poco scomparso. Raffigura Icaro caduto. Scrive van Aalderen:

«Vista la situazione di crisi – economica, politica e morale – in cui il Paese si trova, noi giornalisti non possiamo fingere che l’Italia sia solo una bella cartolina […] [M]a se si osserva con attenzione la copertina, si può vedere un Icaro che cerca di rialzarsi su uno sfondo verde brillante, il colore della speranza».

Questa volta, l’invito ad alzare la testa viene da un europeo del Nord…

Paolo Sassi

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